sabato 31 marzo 2012

Guasto in centro di procreazione. "Andati perduti 94 embrioni"

La Repubblica - 31 marzo 2012

Un incidente all'impianto di azoto liquido che alimenta il servizio di criobiologia per la crioconservazione di materiale biologico all'ospedale San Filippo Neri di Roma. Presentato esposto alla Procura. Quaranta le coppie danneggiate
A causa di un incidente all'impianto di azoto liquido della società Air Liquide che alimenta il servizio di criobiologia per la crioconservazione di materiale biologico nel centro di procreazione medicalmente assistita dell'ospedale San Filippo Neri di Roma ''sono andati perduti 94 embrioni, 130 ovociti e 5 campioni di liquido seminale''. Lo fa sapere l'ospedale. Sono 40 le coppie danneggiate dalla vicenda, e molte hanno già manifestato l'intenzione di adire le vie legali per essere risarcite.

"Non potevamo avere figli, percio' mia moglie aveva 12 ovociti conservati nel centro di Procreazione assistita dell'ospedale. Avvieremo un'azione legale per essere risarciti". Così un romano, la cui moglie si era affidata al Centro di procreazione medicalmente assistita del San Filippo Neri, si è sfogato con i medici della struttura.

"Il giorno 27 marzo con l'incidente si è verificato un innalzamento della temperatura, con azzeramento del livello di azoto, lo svuotamento del serbatoio, e la conseguente perdita di 94 embrioni", riferisce la direzione generale dell'azienda San Filippo Neri. "Dopo aver effettuato i primi accertamenti sull'accaduto, la struttura responsabile del centro di procreazione medicalmente assistita ha avviato le procedure per informare le persone interessate assistite dal centro Pma del San Filippo Neri. Il direttore generale Domenico Alessio
ha inoltre presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Roma e ha contestato quanto accaduto alla ditta responsabile della conduzione e manutenzione dell'impianto di crioconservazione", conclude la nota dell'ospedale.

L'assessorato regionale alla Salute, "su indicazione della presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, ha disposto l'invio di ispettori presso il centro di procreazione medicalmente assistita dell'ospedale San Filippo Neri. Avranno il compito di verificare con esattezza quanto accaduto e di accertare il rispetto di tutte le norme di sicurezza previste dai protocolli di crioconservazione che devono essere applicati in un centro Pma", conclude il comunicato dell'assessorato.

Il ministro Balduzzi. Anche il ministro della Salute, Renato Balduzzi, informato dell'incidente, ha chiesto una immediata relazione al Centro nazionale trapianti, che ha disposto una ispezione che avrà luogo martedì prossimo 3 aprile e chiesto anche un rapporto dettagliato al Dipartimento della sanità pubblica e dell'innovazione. Nel corso della mattinata Balduzzi - riferisce il ministero della Salute - ha avuto un colloquio con la governatrice Renata Polverini. Il ministero precisa che sono state applicate tutte le norme in vigore nel caso di evento avverso grave, secondo le direttive dei decreti legislativi n. 191/2007 e n. 16/2010 e dell'accordo della Conferenza Stato Regioni del 15 marzo 2012.

Tribunale del malato. "Quanto è accaduto alle 40 famiglie è un danno enorme. Su questo lunedì prossimo presenteremo una denuncia. Abbiamo apprezzato che almeno una volta sia stata un'azienda, in questo caso il San Filippo Neri, a denunciare questo fatto e si chiedano danni alla ditta responsabile di quanto accaduto. Ci costituiremo parte civile in un eventuale processo". La denuncia arriva dal segretario regionale del Tribunale per i diritti del malato del Lazio, Giuseppe Scaramuzza, che aggiunge: "Siamo a disposizione per dare assistenza alle famiglie. In Italia abbiamo tra le migliori leggi sulla sicurezza, ma questo non basta".

Ignazio Marino
. "Ho chiesto ai carabinieri del Nas - ha spiegato il senatore Ignazio Marino, presidente della Commissione d'inchiesta sul servizio sanitario nazionale - di acquisire i documenti necessari a chiarire quanto è accaduto, se siano state rispettate le disposizioni sulla gestione della crioconservazione. Il pensiero va alle donne che si sono sottoposte a lunghe terapie e stress fisico e psicologico per tentare di coronare il sogno di una maternità".

"E' una ferita - ha concluso Marino - grave non solo per le persone coinvolte, ma anche per la distruzione degli embrioni sovrannumerari e per gli operatori dell'ospedale San Filippo Neri, uno degli unici 4 centri pubblici che nel Lazio assiste le coppie che scelgono di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita. Spero di poter riferire già martedì i primi dati raccolti sull'accaduto".

Movimento per la vita.
"Ciò su cui vorrei richiamare l'attenzione - ha spiegato il consigliere regionale del Lazio, Olimpia Tarzia, tra i fodatori del Movimento per la vita - è che si tratta di 94 vite umane: non si affronti questa questione con superficialità. Una cosa sono gli ovociti, che sono cellule ma se siamo davanti a embrioni, allora sono vite umane. Insomma, 94 bambini che non nasceranno".

Associazione Coscioni. Secondo Filomena Gallo, segretario dell'associazione Luca Coscioni, l'incidente nel centro di procreazione "si sarebbe potuto evitare se la presidente della regione Lazio, Renata Polverini, anche in funzione di commissario alla sanità del Lazio, avesse predisposto verifiche e autorizzazioni previste per legge. Oggi è responsabile dei mancati controlli: i pazienti infertili e tutti i centri di fecondazione possono rivalersi nei confronti della regione per i danni causati".

Codacons. "Ci rivolgiamo alle coppie che si erano rivolte al centro di procreazione assistita del San Filippo Neri nel tentativo di ottenere un figlio - ha spiegato il presidente Codacons, Carlo Rienzi - Nell'attesa di conoscere gli esiti delle indagini avviate da più parti, offriamo la nostra assistenza legale a chi volesse avviare le pratiche per ottenere il giusto risarcimento dei danni subiti. Tutte le coppie interessate possono contattare da lunedì il nostro ufficio legale per aderire alle azioni che il Codacons porterà avanti contro il nosocomio".

Chiudere il centro.
A sostenerlo è Severino Antinori, presidente dell'Associazione mondiale di Medicina della riproduzione: "E' grave la responsabilità della direzione generale dell'ospedale, nella persona del direttore generale Domenico Alessio, e gravi le responsabilità del presidente Renata Polverini perché da tempo abbiamo chiesto la chiusura di questo centro e di altri centri simili nel Lazio che non sono in regola con la legge 40, o perlomeno non sono adeguate alle esigenze di queste metodiche di fecondazione". Al San Filippo Neri, spiega Severino Antinori, "si prelevano ovuli o embrioni che vengono trasportati in centri privati per la fecondazione, e poi vengono riportati al San Filippo".

"Questi fatti già conosciuti - conclude Antinori - ci fanno sottolineare che l'intervento immediato di chiusura di questo centro e la messa sotto processo della Regione Lazio, che non ha saputo controllare questo e altri centri che nel Lazio sono più di 20, sia necessario. La Polverini ha gravissime responsabilità: ha omesso di fare il controllo della qualità e della necessaria autorizzazione dei vari centri".

mercoledì 28 marzo 2012

Fecondazione, 4.000 coppie in fuga e una volta su due senza motivo

La Repubblica - 28 marzo 2012

Le mete più gettonate si confermano Spagna, Svizzera e Repubblica Ceca (204). Ma a volte gli italiani vanno in questi paesi anche per sottoporsi a trattamenti omologhi, permessi dalla legge 40
Per qualcuno è un viaggio della speranza. Partono per pochi giorni per avvicinarsi a un sogno che a volte diventa realtà, quello di avere un bambino. Sono circa 4000 le coppie italiane che nel 2011 sono andate all'estero per cercare di dare una risposta al desiderio di avere un figlio. In tutto più di 2000 coppie varcano i confini nazionali per la fecondazione eterologa (quando il seme non è del padre o l'ovulo non proviene dalla madre, ma da un donatore), altrettante per ottenere trattamenti di procreazione assistita, che potrebbero avere anche in Italia. Sono invece almeno 32 le richieste di maternità surrogata o utero in affitto portate avanti dai paesi nelle nazioni in cui è permessa.

A fotografare il fenomeno è la quarta indagine dell'Osservatorio sul turismo procreativo, presentata questa mattina a Roma. In attesa della pronuncia della Corte Costituzionale sul divieto di fecondazione eterologa, fissato dalla legge 40 e prevista per fine maggio, gli aspiranti genitori chiedono a strutture sanitarie di altri paesi per questo trattamento. Le mete più gettonate si confermano la Spagna, dove circa 950 pazienti italiani si sono rivolti a otto centri per la donazione di gameti, maschili e femminili, e di embrioni; la Svizzera (630) e Repubblica Ceca (204). Ma in questi paesi i nostri connazionali vanno anche per sottoporsi a trattamenti omologhi, permessi dalla legge 40 e che, dunque, potrebbero ricevere anche in Italia.

I dati. Perché partire allora? L'indagine ha risposto a

questa domanda analizzando i forum dedicati all'argomento dai principali siti delle associazioni di pazienti. Si è scoperto così che a spingere le coppie a fare le valigie è innanzitutto la confusione sulla legge 40. Insomma dovrebbero essere più informati sulla normativa applicata in Italia. In poche parole, come segnala l'Osservatorio del turismo procreativo, "non capisco cosa è permesso e cosa no in Italia, quindi vado all'estero".

Secondo l'Osservatorio procreativo, anche le diverse sentenze in materia non hanno prodotto un flusso di informazioni tali da permettere ai pazienti di decidere in modo informato. Su questa materia c'è ancora molta confusione. "E' vero probabilmente che molte coppie decidono di andare all'estero perché qui da noi c'è ancora molta confusione  - dice Claudio Giorlandino, ginecologo, segretario della Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno fetale - . La legge rimane con i suoi punti bui, ma passi in avanti sono stati fatti. Per esempio la diagnosi genetica oggi si può fare e non soltanto osservazionale per vedere come sta l'embrione. Se con l'analisi genetica ci si accorge che l'embrione è portatore di una malattia cromosomica incompatibile con l'esistenza, si può non trasferirlo, anche se l'embrione dal punto di vista osservazionale sta bene. In altre parole, posso non impiantarlo anche se guardandolo sembra che sia sano".

Diagnosi genetiche.
A volte anche chi potrebbe scegliere una struttura sanitaria vicina a casa, crede di dover invece andare all'estero anche, ad esempio, per una diagnosi genetica pre impianto. "Andare all'estero per una diagnosi pre impianto può non dare garanzie - aggiunge Giorlandino - la diagnosi pre impianto deve essere eseguita in centri specializzati, esclusivamente dove, insieme al centro della fertilità, sia presente un qualificato centro di genetica molecolare. In molti casi, specie all'estero, la diagnosi pre impianto, che si esegue prelevando una cellula dall'embrione, viene poi eseguita in luoghi molto lontani dal centro dove si è eseguita la fertilizzazione. Città o stati diversi. Passano quindi addirittura giorni durante i quali questa cellulina prima di esser esaminata si denatura. Inoltre le risposte arrivano tardi e l'impianto dell'embrione viene necessariamente differito nel tempo, danneggiandolo! la diagnosi preimpianto non è costosa! non ci si affidi quindi a centri dove si richiedono pagamenti esorbitanti, decine di migliaia di euro.La tecnica è rapida, sicura e con costi molto contenuti e in Italia si può fare tranquillamente".

Più fiducia nei centri stranieri. Ma c'è di più. Secondo l'Osservatorio, le coppie italiane si rivolgono a strutture per la Pma in altri Paesi per mancanza di fiducia verso i centri italiani, per una maggiore disponibilità di quelli stranieri, per la loro visibilità e fama e la facilità di trovare informazioni su internet. Ma anche per avare una chance in più di gravidanza, se in Italia il trattamento non ha dato i risultati sperati, e per risparmiare. Seppure il costo non sia il fattore più importante nella decisione di partire, i conti si fanno: l'apertura di centri e cliniche nell'est europeo, dove i prezzi sono in media inferiori a quelli degli altri Paesi europei, ha allargato così il bacino di utenti italiani all'estero.

Il passa parola.
Anche se in questi anni sono caduti diversi paletti della legge 40, il turismo procreativo cominciato nel 2004, non si ferma. A volte proprio il passaparola fra pazienti gioca un ruolo importante quando si tratta di decidere a quale centro rivolgersi. "E' vero che oltrefrontiera esistono alcuni centri di eccellenza - commenta Andrea Borini, presidente dell'Osservatorio sul turismo procreativo - ma molte coppie ritengono di poter scegliere quello più adeguato alle loro esigenze basandosi sulle informazioni riportate da altri. Il passaparola è un fattore importante in medicina, in particolare nel campo della procreazione assistita: in questo caso, però, è fondamentale che i pazienti sappiano orientarsi fra tutte le informazioni che possono ricevere. A volte a ingrossare le fila di recensioni positive c'è anche parecchia pubblicità".

VALERIA PINI

sabato 10 marzo 2012

Tornano i bimbi in provetta. A Torino 200 culle in più

La Repubblica - 10 marzo 2012

Boom della procreazione assistita grazie alle nuove norme. I crescita il "social freesing": giovani donne congelano ovociti in attesa che maturino le condizioni giuste per diventare madri
Un balzo in avanti di cinque punti percentuali, il che significa un bambino in più ogni 6 che nascono con la fecondazione assistita. Il dato arriva dai risultati 2010/2011, sommati insieme, del centro per la procreazione assistita del Sant'Anna e del Livet, un centro privato convenzionato: "Queste cifre - spiega Alberto Revelli, docente del Dipartimento di ginecologia e ostetricia dell'Università di Torino e responsabile della procreazione assistita al Sant'Anna - mostrano ciò che noi medici abbiamo sempre sostenuto rispetto ad alcuni aspetti anti-scientifici della legge 40. Dopo che la Corte Costituzionale li ha in parte rimossi, nel 2009, i nostri risultati hanno ricominciato a salire, e nel 2010 e 2011 c'è stato un vero e proprio balzo rispetto al 2008-2009".

Ma quelle 200 gravidanze in più ottenute su 2448 cicli di fecondazione non sono l'unico risultato positivo delle sentenze (quella della Corte più i pronunciamenti di alcuni Tribunali). Le gravidanze trigemellari, quasi sempre frutto di una terapia di procreazione assistita, che nel 2008 erano arrivate a sfiorare il 4 per cento, ora sono ridiscese allo 0,3. Dal 2010, grazie alla possibilità di non reimpiantare tutti gli embrioni prodotti, i medici torinesi hanno scelto di trasferirne al massimo due. In questo modo, soltanto in tre casi si è avuta una gravidanza multipla, dovuta alla divisione spontanea di un embrione già nell'utero.

"Per noi - spiega Revelli - è un enorme sollievo non dovere sottoporre le pazienti ai rischi di una gravidanza multipla. E lo è certamente anche per loro, che prima, in alcuni casi, dovevano sottoporsi a un'embrioriduzione" (4 nel solo 2009, l'anno record nel quale, al Sant'Anna, ben 25 donne misero invece alla luce tre gemelli). Su un totale di 302 parti gemellari, nel 2011, quasi il 6 per cento riguardava mamme ultraquarantenni, quelle cioè che più frequentemente si rivolgono alla fecondazione assistita e scelgono di impiantare un più alto numero di embrioni perché non hanno molto tempo davanti a sé. Ogni donna che si rivolge al Sant'Anna, come a uno dei centri privati attivi a Torino, ha diritto a ricevere le cure più adatte al suo caso, sulla base delle scelte dei medici condivise da lei: secondo l'età e il "patrimonio ovarico" della paziente, si decide in modo personalizzato il tipo di stimolazione, si prelevano gli ovociti e si fecondano in una misura decisa di volta in volta dall'équipe medica, per poi ritrasferirne nell'utero non più di due (lo 'stato di salutè dei quali può essere conosciuto dagli aspiranti genitori, almeno a livello morfologico) e conservare eventualmente gli altri.

Nel 2011, 609 donne sono state sottoposte al prelievo di ovociti soltanto nell'ospedale pubblico: nel 2009, le pazienti erano state solo 499. Non è difficile quindi immaginare che, almeno in parte, il "turismo della provetta" che ogni anno porta centinaia di coppie torinesi soprattutto verso la Spagna si sia attenuato, e che molte pazienti decidano di fare almeno i primi tentativi nell'ospedale della loro città. Ogni coppia, almeno 400 all'anno, prima di iniziare la parte più impegnativa delle terapie si vede offrire un colloquio con la psicologa, Chiara Delia, nel quale si affrontano le motivazioni di ciascuno e si cerca di approfondire il livello di consapevolezza nell'affrontare le diverse possibilità, dal fallimento delle cure ai gemelli in arrivo.

"La procreazione assistita - spiega Sarah Randaccio, responsabile del servizio di psicologia dell'ospedale - non è una passeggiata per le pazienti. Nel servizio pubblico, cerchiamo di garantire che a nessuno venga negato un sostegno psicologico, che può andare anche al di là del primo colloquio quando se ne sente la necessità, ad esempio in caso di insuccessi ripetuti. Nel privato non sempre è così. E non è facile dare aiuto alle signore che si presentano a gravidanza già avanzata dopo aver fatto ricorso, per esempio, a un'ovodonazione all'estero, con domande mai affrontate prima che possono diventare molto importanti nel futuro di una maternità".

Sullo sfondo, ci sono nuove battaglie, come quella per rendere la fecondazione eterologa - cioè con gli spermatozoi e/o gli ovociti di persone diverse dalla coppia di aspiranti genitori - legale anche in Italia. E nuovi orizzonti, come il social freezing, la prassi di stimolare l'ovulazione nelle donne giovani, intorno ai trent'anni, per poi prelevare e congelare gli ovociti in attesa di diventare madri, magari dieci anni più tardi, una volta incontrato il partner giusto o il lavoro stabile. Le torinesi che hanno fatto questa scelta, tre delle quali sono medici, sono dodici, un'inezia se si pensa ai 7.600 bambini nati al Sant'Anna nel 2011. Ma anche un'avanguardia, tanto è vero che se nei centri privati la pratica del social freezing ha già un suo tariffario (mille euro circa per stimolazione e prelievo, 100 euro all'anno o poco più per la conservazione) nell'ospedale pubblico questa soluzione non è ancora possibile. "

Non c'è nulla di illegale, né particolari problemi etici - dice Revelli - semplicemente non si è ancora deciso a quale tipo di ticket far corrispondere questa scelta". Se ne parlerà la prossima settimana, il 16 e il 17 marzo al Museo dell'Automobile, in un grande convegno scientifico dedicato alle "mamme attempate": "La sindrome di Penelope: un figlio oltre i 40 anni". E una relazione sarà dedicata proprio al social freezing, mentre da Barcellona arriverà un medico esperto in ovodonazione.


VERA SCHIAVAZZI

lunedì 5 marzo 2012

SVEZIA - Fecondazione assistita per donne sole

Le svedesi che vivono da sole e desiderano avere un figlio devono poter ricorrere all'inseminazione artificiale sul territorio nazionale, senza dover andare all'estero. Lo ha stabilito una chiara maggioranza parlamentare, che si è pronunciata per l'estensione alle single dell'aiuto pubblico alla fecondazione medicalmente assistita. "Siamo consapevoli che l'idoneità delle persone a diventare genitori non dipenda dalla vita di coppia", scrivono i rappresentanti di tre partiti borghesi nello Svenska Dagbladet.
Nella coalizione a quattro del conservatore Fredrik Reinfeldt, i cristianodemocratici s'oppongono da sempre al progetto, ma gli altri partiti di Governo hanno rinunciato a una soluzione unitaria e portano avanti la riforma insieme all'opposizione rosso-verde. Contraria anche la destra dei democratici svedesi. Il ministro per le Attività sociali, Goeran Haegglund, dovrà attuare la riforma, sebbene in quanto presidente del partito cristanodemocratico la giudichi una soluzione pessima. "Ogni bambino ha diritto a un padre e a una madre", sostiene.
Viceversa, all'associazione per l'educazione sessuale c'è aria di festa. "Dovrebbe essere ovvio che tutti hanno diritto a un figlio", dice la responsabile Kristina Ljungros. Finora le donne sole andavano all'estero ad esaudire il loro desiderio, soprattutto in Danimarca, dove non esistono limiti legislativi in questo campo. In Svezia resta una preoccupazione: da quando è stato abolito l'anonimato per i donatori, si registra un enorme deficit di sperma per la fecondazione assistita.

Aduc - 5 marzo 2012