venerdì 26 novembre 2010

Eterologa, i ricorsi si moltiplicano nell'ultimo anno 2.700 coppie all'estero

Repubblica - 26 novembre 2010

I nuovi dati dell'Osservatorio sul turismo riproduttivo, aggiornati al luglio 2010: dall'Italia, il 65% si sposta per beneficiare della donazione di ovociti o seme, vietata dalla legge 40. Le mete preferite restano Spagna e Svizzera, ma aumentano i viaggi verso la Repubblica ceca. Gli esperti: "Finché non cambieranno le norme a essere più colpiti saranno sempre coloro che hanno più problemi di fertilità

ROMA - Sono 2.700 le coppie italiane che ogni anno vanno all'estero per tentare di avere un figlio con la fecondazione eterologa. Un esodo obbligato davanti al divieto della Legge 40 che in Italia proibisce questa tecnica di Procreazione medicalmente assistita (PMA) attuata tramite la donazione di seme od ovuli di una persona esterna alla coppia. L'Osservatorio sul turismo procreativo, con l'indagine "Migrazione procreativa" presentata a Bologna, ha aggiornato i numeri di quanti si spostano oltreconfine per beneficiarne.

"Il paradosso - dice Andrea Borini, presidente dell'Osservatorio - è che le coppie costrette a valicare i confini nazionali seguendo una speranza sono proprio quelle con maggiori problemi di fertilità, cioè sterilità totale o parziale grave, per le quali il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita omologhe non è sufficiente. Pazienti per cui l'unica speranza di avere un figlio è rappresentata dalla fecondazione eterologa, ovvero il ricorso a spermatozoi o ovociti di donatori esterni alla coppia. E il rammarico è dato dal fatto che molte strutture italiane potrebbero garantire sicurezza e qualità anche per questi trattamenti, ma purtroppo non sono ammessi dalla Legge 40".

Il divieto di ricorrere alla donazione di un seme o di un ovulo è l'unico paletto rimasto in piedi della legge che regola la riproduzione medicalmente assistita. Nel 2009, infatti, la Corte Costituzionale ha bocciato il tetto dei tre embrioni 1, l'obbligatorietà dell'unico e contemporaneo impianto 2 degli embrioni e il divieto di crioconservarli.

Sebbene le maglie della legge siano più larghe, ci sono ancora molti nodi da risolvere. "In assenza della disponibilità a cambiare la Legge 40 da parte del Parlamento - ha detto l'avvocato Maria Paola Costantini, che segue molte coppie che hanno impugnato la legge - o si scappa all'estero o si cerca la soluzione con i ricorsi davanti ai tribunali italiani per richiedere ai giudici di sollevare la questione di legittimità costituzionale sull'articolo che vieta l'eterologa. Ad oggi sono stati depositati più di 10 ricorsi in diverse città italiane".

I numeri. Uno studio pubblicato lo scorso marzo su Human Reproduction 3 ha analizzato la portata del "turismo procreativo europeo" e stimato che sul totale dei "crossing border", oltre il 31% (ossia 3.500/4.500 coppie) è rappresentato da italiani. "Incrociando i numeri di Human Reproduction con i quelli raccolti dall'Osservatorio - ha spiegato Andrea Borini - è lecito affermare che due coppie italiane su tre vanno all'estero perché devono ricorrere alla fecondazione eterologa. E che quindi continueranno a doversi rivolgere altrove, almeno fino a quando la legge italiana non riconoscerà anche a questi pazienti il diritto all'accesso a queste tecniche".

La ricerca. Per arrivare a quantificare il fenomeno, l'analisi dell'Osservatorio ha preso in considerazione le mete più gettonate del turismo procreativo da giugno 2009 a luglio 2010: 36 centri esteri, un numero significativo di strutture fra quelle maggiormente frequentate dai pazienti italiani. Si tratta di centri in Austria, Belgio, Danimarca, Gran Bretagna, Grecia, Repubblica Ceca, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera. A ogni struttura sono state richieste informazioni relative alla presenza di italiani tra i pazienti, e il numero medio di pazienti italiani (per anno) in trattamento per fecondazione eterologa.

Dallo studio è risultato che la Spagna è la meta preferita degli italiani: nei 9 centri contattati sono risultati più di 1.400 coppie italiane in corso di trattamento per fecondazione eterologa. In questi centri pesa molto la capacità degli operatori sanitari, e non solo, di parlare italiano. Le coppie "censite" in Spagna cercano in prevalenza l'ovodonazione.

La seconda meta per gli italiani è la Svizzera, dove le quattro principali cliniche contattate segnalano circa 700 utenti italiani. Qui la legge consente solo la donazione di seme e a coppie sposate, ma incide la vicinanza. La Repubblica Ceca sta diventando una meta sempre più ambita: i quattro principali centri del paese ricevono oltre 250 coppie italiane l'anno. Incidono i costi ridotti, la presenza di personale che parla italiano e una legge che consente la donazione sia di gameti maschili e femminili e anche quella di embrioni. Circa 150 italiani invece vanno in Danimarca dove la legge consente la donazione di seme e ovociti sia alle coppie sposate che a quelle conviventi, ma non quella di embrioni. Stessa legislazione in Svezia, dove non vanno più di dieci coppie l'anno.

In Austria, circa 70 coppie italiane l'anno (in prevalenza dal Nord-Est) vanno per beneficiare della donazione di seme nei cinque centri principali di Pma (non è consentita quella dei gameti femminili). Stessa dimensione ha il fenomeno in Belgio nelle tre principali cliniche che praticano la fecondazione eterologa, mentre la metà circa (una trentina di coppie, soprattutto dal Sud Italia) si sposta fino in Grecia dove la legge consente a persone sposate o conviventi di accedere a donazione di seme, di ovociti e di embrione.

Lo studio dell'osservatorio, infine, testimonia che esiste anche una quota di italiani (con maggiore disponibilità economica e buona padronanza della lingua inglese) che sceglie gli Stati Uniti: il centro di New York incluso nello studio ospita una ventina di coppie ogni anno. Quanto ai costi, infine, si va dai 3mila euro medi dell'Ucraina ai 6/8mila della Spagna, mentre il Paese più caro per gli italiani è la Gran Bretagna.

Adele Sarno

martedì 16 novembre 2010

Il dodecalogo degli ostetrici cattolici: no alla fecondazione assistita

Corriere della Sera - 16 novembre 2010

MILANO - Verso i medici cattolici «c'è un pregiudizio culturale molte forte, che in passato ha anche penalizzato nel lavoro e nella carriera». A dirlo è Giuseppe Noia, presidente dell'Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici (Aigoc), in occasione del primo convegno nazionale al policlinico Gemelli di Roma. «Si pensa che per via della religione e dell'etica non si possa fare una buona scienza, ma è invece proprio con l'etica che si può fare una buona scienza» spiega Noia. In passato, «ci sono stati giovani ginecologi che non sono stati assunti in strutture dove si praticava l'aborto per aver manifestato la loro identità cattolica, per via del problema dell'obiezione di coscienza». Secondo Noia, «sarebbe opportuno riservare metà dei posti disponibili a personale obiettore, e l'altra metà a chi non lo è, in modo da garantire il servizio e tutelare al contempo le posizioni di tutti». Noia ha inoltre rilevato come molti «paventano l'ingresso dei volontari "pro life" nei consultori», ma l'intento dei ginecologi cattolici, ha detto, «non è quello di eliminare l'autodeterminazione della donna, bensì di fare una terapia educazionale alla coppia, dando informazioni basate sulla scienza». In questa impostazione rientrano i corsi itineranti che l'Aigoc terrà nel primo semestre del 2011 in Puglia, Calabria, Sicilia e Piemonte presso università e consultori. Quindici docenti, in un giorno e mezzo, terranno lezioni sull'aborto, le malattie sessualmente trasmissibili, la consulenza in gravidanza e l'assistenza preconcezionale e prenatale.

FECONDAZIONE ASSISTITA - Uno dei temi principali del convegno è stato quello della fecondazione assistita: in particolare gli ostetrici cattolici hanno preso l'impegno di non consigliare, né ricorrere o facilitare il ricorso alla fecondazione assistita, né prendere parte agli interventi necessari per la sua realizzazione. Una dichiarazione inserita in un dodecalogo, la "promessa dell'ostetrico cattolico", che elenca una serie di obiettivi. Tra questi, oltre alla difesa e protezione della vita umana fin dal concepimento, c'è il rifiuto di diventare uno strumento di applicazioni violente della medicina e l'impegno a cooperare con l'applicazione delle leggi tranne che per motivi di obiezione di coscienza, qualora non vengano rispettati i diritti umani e quello alla vita. Il documento prescrive anche di mettere in pratica i principi cattolici della bioetica medica fondata sul Personalismo, ovvero non consigliare o facilitare l'aborto volontario, non prescrivere pratiche contraccettive, intercettive e di sterilizzazione, non ricorrere alla fecondazione artificiale ma approfondire invece la conoscenza dei metodi naturali di regolazione della fertilità e promuoverne la conoscenza. (Fonte: Ansa)