venerdì 30 aprile 2010

Embrioni congelati, dal Veneto la prima richiesta di adozione

Corriere della Sera - 30 aprile 2010

Progetto del ministro Fazio, coppia vicentina offre la disponibilità

PADOVA — Lei ha 36 anni e insegna alle scuole medie, lui ne ha 38 ed è impiegato in un’azienda. Sposati da dodici anni, cullano un grande sogno: un bambino. Ma per questa coppia vicentina avere un figlio non è impresa facile, problemi di infertilità hanno già vanificato sei tentativi di fecondazione assistita affrontati in strutture di Abano Terme (quattro) e Padova. Ecco allora l’idea, affidata ad un avvocato, di presentare domanda per l’adozione di embrioni congelati rimasti orfani dopo il procedimento di inseminazione artificiale vissuto con successo da altre donne, perchè «in eccesso».

«Secondo una ricognizione effettuata dall’Istituto superiore di sanità nel 2007 su 88 centri italiani, nel nostro Paese ci sono 3415 embrioni congelati — spiega il professor Carlo Foresta, direttore del Centro di crioconservazione dei gameti maschili dell’Azienda ospedaliera di Padova, che ha preso in cura la coppia vicentina —. Nessuno è stato inviato a Milano, come disposto a suo tempo dall’ex ministro alla Salute Girolamo Sirchia, perciò l’attuale titolare dello stesso dicastero, Ferruccio Fazio, ha nominato una commissione per decretarne il destino. Esclusa l’ipotesi di distruzione a meno che non risultino alterate le funzioni vitali, evento impossibile con una conservazione a -180 gradi, l’organismo designato ha avanzato la proposta di darli in adozione a coppie sterili. Il ministro Fazio l’ha accolta, ora dovrà adoperarsi perchè questa idea diventi legge». Nel frattempo il passaparola sta facendo il giro dei coniugi infertili, anticipati da quelli vicentini. I primi a presentare domanda ufficiale di adozione. «Sarebbe la realizzazione di un sogno—confida lei—se penso che da tanti anni proviamo ad avere un bambino e ce ne sono tanti congelati in attesa di una mamma e un papà, mi sembra assurdo. Uno spreco. Spero che scienziati e legislatori lo capiscano e aprano la strada a questa grande opportunità, che mi consentirebbe di mettere al mondo un figlio preso in adozione».

La signora è ancora piuttosto giovane, perciò è candidata a nuovi tentativi di fecondazione assistita. «Ma, ogni volta, sottopormi a una nuova stimolazione ormonale è pesante — rivela — anche psicologicamente. Il nostro problema è che gli spermatozoi non riescono a raggiungere l’ovocita, quindi le possibilità di riuscita non sono molte. Per me, che tra l’altro lavoro in mezzo ai ragazzini, non potere avere figli è una grande sofferenza. E così, insieme a mio marito, ho dato la disponibità ad accogliere embrioni abbandonati da altre donne, perchè prodotti in sovrannumero. Siamo fiduciosi, non ci arrendiamo». La coppia veneta è disposta ad adottarne anche più di uno. «Il mio ginecologo dice che, essendo ancora giovane, sarei in grado di sostenere l’impianto anche di due — spiega l’insegnante — e io già fantastico. Sarebbe meraviglioso, per una donna che non riesce a rimanere incinta, poter partorire addirittura due bambini. Sarebbe il massimo, ma dobbiamo sperare nella celerità del legislatore a emanare una normativa che consenta tutto ciò. Io ci credo veramente, la mia domanda è sempre valida». Di tutto questo si parlerà oggi, nell’aula Morgagni del Policlinico universitario di Padova, nel corso del convegno «L’esame del liquido seminale nelle linee guida internazionali. Analisi critica e confronto », presieduto dallo stesso Foresta.


M.N.M.

giovedì 29 aprile 2010

Giovedì 29 aprile 2010 ore 22.00 - Reparto Maternità

Giovedì 29 aprile 2010 alle ore 22.00 su FoxLife (canale visibile su Sky) una ragazza racconterà l'ultimo mese di gravidanza ottenuto con fecondazione eterologa effettuata all'estero

martedì 27 aprile 2010

«Stop alla superbanca di embrioni congelati. Adozioni possibili»

Corriere della Sera - 27 aprile 2010 - pagina 24

Viene ribadito il divieto legale di distruggere più di 3.000 organismi

ROMA - No alla super banca per gli embrioni orfani. No alla loro distruzione. Sì invece alla possibilità di darli in adozione a genitori sterili. Sono alcune delle conclusioni della commissione nominata un anno fa dal ministro della Salute Ferruccio Fazio per dare indicazioni su come gestire i frutti del concepimento in sovrannumero congelati nei centri di fecondazione assistita. Il documento è stato inviato al ministro dal coordinatore dei lavori, Francesco D' Agostino. Si propone tra l' altro di modificare il decreto del 2004, firmato dall' ex ministro Girolamo Sirchia che istituì un' apposita struttura all' ospedale Maggiore di Milano dove le cliniche avrebbero dovuto inviare quegli embrioni abbandonati dai legittimi proprietari con dichiarazione scritta (circa 3600 secondo il censimento dell' Istituto Superiore di Sanità oltre ai 3 mila in attesa di essere utilizzati con le tecniche della provetta). Non solo. Il costo della crioconservazione non potrà essere addebitato alle coppie. E non si potrà parlare di embrioni orfani perché «l' eventuale rinuncia espressa o tacita al trasferimento in utero essendo sempre revocabile non consente di qualificarli in stato di abbandono definitivo». Viene ribadito il fermo divieto legale di distruggerli. Due infatti secondo gli esperti sono le condizioni in cui la crioconservazione può essere interrotta: quando si deve procedere all' impianto nell' utero della madre e di una donna disposta ad accoglierlo e quando sia possibile accertarne scientificamente la morte naturale o la definitiva perdita di vitalità. Ed è in questo contesto che la commissione traccia la strada dell' adozione (già condivisa nel 2007 dal Comitato nazionale di bioetica, presieduto anche allora da D' Agostino). non prevista dalla legge sulla procreazione medicalmente assistita. Così si potrebbero «risolvere molti problemi bioetici che nascono dal congelamento». Il testo è passato con due note di dissenso aggiunte da Carlo Alberto Redi e dal giurista Amedeo Santosuosso. Per quanto riguarda i tempi di conservazione, solo quando si potrà stabilire, grazie al progresso, con criteri scientifici la morte o la perdita di vitalità degli embrioni, si potrà «escludere una conservazione sine die. Si auspica pertanto un forte investimento nella ricerca», scrivono gli esperti.

Margherita De Bac

giovedì 15 aprile 2010

Creati 80 embrioni con il Dna di tre genitori

Corriere della Sera - 15 aprile 2010

L’esperimento di Newcastle su «Nature». Annullata una malattia ereditaria

La via della terapia genica (su cui si lavora da anni senza mai una sicurezza definitiva) sembra vicina all’essere superata. Almeno per quanto riguarda alcune malattie ereditarie. Basta «creare» un embrione con tre Dna. Il laboratorio dell’università di Newcastle, nel nord della Gran Bretagna, vi è riuscito. Già nel 2008, come riportato dal Corriere della Sera, aveva messo a punto la tecnica arrivando a 10 embrioni, vitali per sei giorni, con due Dna femminili e uno maschile. E senza l’espressione della malattia ereditaria legata al solo Dna mitocondriale della madre perché annullata dal Dna mitocondriale della cellula uovo di una donna sana. In questo ovulo «svuotato» del nucleo centrale (il patrimonio genetico completo) era stato inserito sia il nucleo dell’ovocita materno sia quello paterno.

E lì era stata avviata la fecondazione dell’embrione sano. Gli stessi ricercatori, guidati da Douglass Turnbull, hanno affinato la tecnica e sono arrivati a 80 embrioni, fatti sviluppare e vitali per sette giorni. L’aspetto importante è che, se impiantati, sarebbero andati avanti nello sviluppo. Tecnica riproducibile, e quindi fattibile anche in altri centri, e subito oggetto di una pubblicazione sulla rivista scientifica Nature. L’embrione con tre genitori colpisce la fantasia, in realtà sarebbe sbagliato definirlo così perché la frazione genetica donata non ha nessuna influenza sullo sviluppo di un bambino. Se non quella di assicurargli mitocondri sani. E quindi di annullare all’origine la malattia di cui altrimenti sarebbe affetto fin dalla nascita. Anche se i Dna sono tre, quindi, i genitori restano comunque due perché il Dna mitocondriale, con appena 37 geni, costituisce davvero una frazione piccolissima, rispetto ai circa 23.000 geni contenuti nel Dna del nucleo.

La ricerca condotta a Newcastle, nel più noto «covo» di manipolatori di embrioni al mondo, nel Life Science Center, è finanziata dall’associazione britannica per la lotta alla distrofia muscolare (Muscolar distrophy campaign), dal Medical research council e dal Wellcome Trust. Conferenza stampa obbligata per Douglass Turnbull, divulgata in rete da Nature: «Il mio grande interesse e l’obiettivo di questa ricerca - ha spiegato il ricercatore inglese - sono i pazienti colpiti dalle malattie mitocondriali, ‘trasmesse dalla madre al figlio. E che sono molto numerose». E ha continuato: «La novità del nostro lavoro è nel fatto che, nonostante siano stati utilizzati due ovociti, si ottiene un pronucleo (ossia un ovocita nel quale il Dna paterno e materno non si sono ancora fusi) come in un normale intervento di fecondazione assistita. In altre parole, siamo ora in grado di prevenire la trasmissione delle malattie mitocondriali. Abbiamo dimostrato l’efficienza della tecnica e questo è molto importante per i pazienti». Va bene.

Ma quanto tempo ci vorrà per trasferire la tecnica nella pratica? E qui Turnbull tradisce emozione ed entusiasmo: «Tre anni. Si può arrivare alla pratica clinica nell’arco di tre anni». Ottimista? In ogni caso, gli esperti ritengono questo risultato un enorme progresso nella lotta alla trasmissione delle malattie mitocondriali. Queste oggi sono la più comune causa di malattie genetiche e mutazioni del Dna mitocondriale sono rilevate in un nato vivo su 250. «Questa tecnica è molto interessante - afferma Giuseppe Novelli, genetista dell’università Tor Vergata a Roma - perché potrebbe permettere a una persona portatrice di una malattia terribile, che non ha nessuna possibilità di diagnosi preimpianto, di avere un figlio sano». E aggiunge: «Non è una tecnica nuova, era già stata provata su delle scimmie. Ma a Newcastle sono passati all’uomo. E questo è il passo fondamentale».

Mario Pappagallo

Ricavati embrioni dal dna di tre persone

Corriere della Sera - 14 aprile 2010

I donatori sono due madri e un padre. L'obiettivo è prevenire la trasmissione di malattie genetiche ereditarie

MILANO - Un team di ricercatori dell'università di Newcastle è riuscita a produrre embrioni umani con il Dna di tre persone, due madri e un padre, per prevenire la trasmissione di malattie genetiche ereditarie incurabili al nascituro. Secondo quanto riferisce il Times l'equipe del professore Doug Turnbull è riuscita eliminare i mitocondri (i generatori dell'energia della cellula) difettosi dei genitori trasferendo il loro Dna 'ripulitò in un ovocita sano fornito da una donatrice. Secondo Turnbull il primo bambino con tre genitori biologici potrebbe essere concepito entro tre anni.

lunedì 12 aprile 2010

Idv insiste su adozione embrioni crioconservati abbandonati

"In questi giorni sento parlare di omicidi di bambini prima che nascano, o addirittura di battesimo nel grembo materno. Tutto ciò al fine di sancire la sacralità della vita anche prima della nascita. Affermazioni quantomeno singolari se si considera che nessuno sta facendo niente per salvare da morte sicura quei 3500 embrioni congelati ed abbandonati che giacciono nei fusti di decine di centri di fecondazione assistita di tutta Italia". Lo dichiara in una nota Antonio Palagiano, capogruppo Idv in Commissione Affari Sociali.
"Eppure, da oltre un anno ho presentato un disegno di legge, firmato anche da Antonio Di Pietro, per promuovere l`adozione precoce di quegli embrioni orfani ma questo Governo ateo-clericale non ha, evidentemente, a cuore il destino di queste vite potenziali, che potrebbero essere la felicità di quelle coppie che desiderano un figlio ma non possono averlo".
"Mi chiedo quindi, a questo punto, se esistono embrioni di serie A ed embrioni di serie B per quelli che con arroganza ed incuranza, continuano a definirsi il partito della vita".


Aduc - 10 aprile 2010

giovedì 8 aprile 2010

La Corte Ue: “L’eterologa è un diritto” Pronti in Italia i ricorsi contro la Legge 40

Repubblica - 7 aprile 2010

Le associazioni gridano vittoria e preparano i primi ricorsi giudiziari. Il primo sarà presentato a Bologna il 15 aprile, seguiranno Firenze, Roma, Catania e Milano. È l'effetto della sentenza della Corte di Strasburgo: "Il divieto della fecondazione eterologa contrasta con la convenzione europea dei diritti dell'uomo".

Una valanga di ricorsi giudiziari sono pronti a partire entro una settimana. Il primo sarà presentato a Bologna il 15 aprile, seguiranno Firenze, Roma, Catania e Milano. E una seconda tornata partirà a maggio. È l'effetto in Italia della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che stabilisce che la fecondazione eterologa non si può impedire. Perché proibire il ricorso alla donazione di ovuli e sperma per la fertilizzazione in vitro è una violazione dell'articolo 8 della convenzione europea per i diritti dell'uomo.

È un colpo duro quello che il pronunciamento della Corte di Strasburgo infligge alla Legge 40 sulla "Procreazione medicalmente assistita" perché la sentenza entra in contrasto con le disposizioni contenute nell’articolo 4 della norma che stabilisce: “È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo”. Oggi nel nostro Paese non si può diventare genitori con l' ausilio del seme di un donatore o dell'ovocita di una donatrice.
“Siamo di fronte a una sentenza rivoluzionaria per tutte le coppie italiane”, annuncia Antonino Guglielmino, direttore dell'Unità di Medicina della riproduzione del centro Hera di Catania. "I giudici di Strasburgo infatti, lo scorso primo aprile, hanno condannato le autorità austriache perché la legge nazionale che regola la procreazione assistita non consente di ricorrere all'eterologa". E hanno stabilito che gli Stati non sono obbligati a legiferare in materia di Pma ma, se lo fanno, tale legge deve essere coerente e prendere in considerazione gli interessi di tutti, anche di quelli che per concepire hanno bisogno della donazione.

“Per questo - aggiunge Guglielmino - siamo pronti ad avviare una campagna di ricorsi giudiziari. La stessa strada che abbiamo percorso per cambiare la legge 40 sulla fecondazione assistita nelle parti che vietavano la diagnosi genetica di preimpianto e obbligavano all'impianto contemporaneo di tre embrioni a prescindere dalle condizioni cliniche del singolo caso". Ma se anche in questo caso, così come è avvenuto nell'aprile del 2009, i giudici ritenessero incostituzionale la norma, la legge sulla procreazione medicalmente assistita sarebbe, di fatto, cancellata.

Questo potrebbe anche incidere sul fine del ‘turismo della provetta’. E potrebbe riportare in Italia la possibilità di curare anche le coppie infertili. Basti pensare che in cinque anni di divieti, continua Guglielmino, la legge 40 ha costretto quasi 50mila coppie ad emigrare per un figlio e a pagare 8mila euro per andare in Spagna, 5-6 mila per andare a provare in Grecia, fino a 20 per andare in Russia e 5 per andare in Ucraina.

"Ci rivolgeremo ai Tribunali civili di ogni città, nella sezione famiglia” annuncia l’avvocato Maria Paola Costantini del collegio di difesa dei pazienti dell'associazione Hera di Catania. “E chiederemo ai giudici di concedere alle coppie con problemi di salute la possibilità di donare ovuli e sperma per la fertilizzazione in vitro. E lo faremo appellandoci alla sentenza della Corte di Strasburgo”.

La pronuncia del primo aprile infatti parla chiaro: per le due coppie austriache, che si sono rivolte alla Corte nel 2000, la fecondazione in vitro con donazione di sperma o ovuli era l'unica soluzione per poter procreare. E le autorità austriache hanno violato il loro diritto al rispetto della vita familiare e quello a non essere discriminati. E i giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo hanno dato loro ragione stabilendo tra l'altro che gli Stati non sono obbligati a legiferare in materia di procreazione assistita ma se lo fanno tale legge deve essere coerente e prendere in considerazione i differenti interessi legittimi.

Adele Sarno

mercoledì 7 aprile 2010

Noi mamme dello stesso figlio

Repubblica — 06 aprile 2010 pagina 47 sezione: R2

Questo è il diario di una donna fuorilegge. Anna è un' italiana che ha chiesto l' anonimato per raccontare la sua esperienza di «maternità surrogata» negli Stati Uniti. La surrogazione di maternità è una tecnica di fecondazione assistita nella quale l' embrione concepito in provetta viene impiantato nell' utero di una «madre surrogata». La donna porta a termine la gravidanzae poi consegna il bambino alla coppia committente. In Italia, la legge 40 del 2004 punisce chiunque realizzi, organizzi o pubblicizzi la surrogazione di maternità. Chi trasgredisce può essere condannato a un' ammenda e alla reclusione fino a due anni. Barbara mi ha telefonato una sera: «Congratulazioni Anna! Sarai mamma!». Poi mi ha richiamata il giorno della prima ecografia per dirmi che andava tutto bene. Aveva visto nella sua pancia il cuoricino di mio figlio che pulsava. Ci chiamiamo solo nei momenti importanti, c' è il problema del fuso orario, ma comunichiamo sempre via email. È una lunga attesa. Lei mi racconta delle nausee, io le parlo della nostra trepidazione per ogni esame, per questa gravidanza, sua, nostra, che è un dono del cielo. Spesso, ci mandiamo le foto di famiglia, lei vuole sapere come dipingerò la cameretta, se ho pensato al nome che darò al mio bambino. Barbara è una donna americana di 24 anni. Nostro figlio è stato concepito in provetta e l' embrione è stato poi impiantato nel suo utero. È una «madre surrogata». Grazie a lei, tra qualche mese completeremo finalmente la nostra famiglia. Da tempo, io e mio marito cerchiamo un bambino. Ho una malattia degenerativa che mi ha reso arduo anche solo pensare di avere un figlio. Abbiamo tentato varie cure e fatto tentativi di fecondazione anche all' estero, tutti andati male. Con la mia situazione di salute, l' adozione era impensabile: un tribunale non mi avrebbe mai dato l' idoneità, neanche considerando che siamo capaci ed anche disposti ad avere un aiuto per accudire il bimbo. Passati i 40 anni stavo quasi per gettare la spugna quando ho scoperto la possibilità della maternità surrogata. Non è stato facile per noi arrivare a questa scelta. L' alternativa era rinunciare ad un figlio o insistere con tentativi che avrebbero sicuramente aggravato la mia situazione di salute, già compromessa dalle cure inutili precedenti, per di più senza certezza di esiti positivi. Per noi Barbara non è affatto una «incubatrice» o un «utero in affitto» come si dice orrendamente in Italia. Non soffro di gelosia, anzi le sono profondamente grata. Certo, mi addolora non poter essere io a nutrire e crescere il mio piccolo dentro di me, ma riconosco la necessità della situazione, la concreta possibilità di riuscita che altrimenti non avremmo mai. Lei è una bella persona, positiva, determinata. La prima volta che ci siamo incontrate eravamo entrambe spaventate ed emozionate. Ha già una bambina e non vuole avere altri figli. Quando le ho chiesto perché si era candidata a fare la «madre surrogata», mi ha risposto che voleva ricambiare la felicità che aveva avuto dalla vita: salute, una bella famiglia, sicurezza economica, un lavoro di soddisfazione, tanti amici. Non vuole niente di frivolo o strano per sé, il denaro servirà per gli studi della figlia. Nel paese di Barbara, gli Stati Uniti, le donne che si candidano a fare la «madre surrogata» se si rivolgono ad agenzie serie vengono sottoposte a screening severi: non devono avere precedenti penali, né debiti, né essere dedite a sostanze illecite, né essere a carico dei servizi sociali. Devono avere un lavoro, la casa di proprietà, un partner stabile e figli propri. Incontrano uno psicologo che poi la sottoporrà ad un test approfondito di personalità e la seguirà con sedute mensili di supporto ed analisi durante tutta la gravidanza. Pensare che lo faccia solo per soldi è come pensare che chi dona il sangue lo fa per avere la colazione gratis. La somma di denaro che le dobbiamo versare è pari a 20mila dollari, poco meno di 18mila euro. È un vantaggio, certo, ma non è assolutamente una somma che ti cambia la vita. Quello che costa sono le agenzie che fanno da intermediario (altri 25mila dollari), le spese mediche e legali (fino a 40mila dollari) e le assicurazioni sanitarie. Quando nostro figlio nascerà tra qualche mese sarà registrato con i nostri nomi su ordine di un Tribunale statunitense. Non ci sono contraffazioni, falsi o altri illeciti. In alcuni stati americani, come quello nel quale vive Barbara, è tutto legale. Lei ha un avvocato indipendente, diverso dal nostro, che la consiglia, rivede con lei le condizioni contrattuali e ne tutela gli interessi. Il legale gestisce il contratto ed il deposito della somme, quella necessaria per le spese vive e quella che spetta alla madre surrogata come rimborso e che deve essere depositata per intero e in anticipo. Abbiamo dovuto pagare ogni cosa. Dalle più ovvie come medicine, spostamenti, mancati guadagni di Barbara e suo marito, alle meno scontate, come la colf o baby sitter se sta male o deve restare a letto, i vestiti premaman, fino a dettagli ai quali onestamente non avrei mai pensato, tipo i massaggi per sgonfiare i piedi nelle ultime settimane. Ma mi sembra giusto: l' incomodo che Barbara sopporta è grande e non c' è somma che ripaghi un anno della propria vita o il dolore fisico, per non parlare dell' enorme regalo che ci fa. Mi ha detto che la sua gratificazione nasce dal rapporto di affetto e solidarietà che si crea con gli aspiranti genitori, e dal fatto di essere lei l' unica che realizza un sogno altrimenti impossibile. Negli Usa a fronte di un' organizzazione di tipo «commerciale» viene garantita la tutela legale, la libera scelta della «madre surrogata», il giusto clima culturale, anche perché prevede l' estraneità genetica con il bimbo che porta in grembo. Non posso azzardare niente per contesti e paesi differenti. So che esistono situazioni di miseria e privazione nei quali le «madri surrogate» sono costrette a prestare il proprio corpo non per libera scelta, senza neanche avere la giusta assistenza medica. Donne che vengono schiavizzate, sfruttando in un colpo solo due disperazioni: la loro e quella degli aspiranti genitori. Ho scelto il paese dove vive Barbara proprio perché mi offriva il rispetto della libertà individuale, dei diritti e della salute di tutti i partecipanti. Questo comporta problemi organizzativi enormi per noi, e costi esorbitanti. Per ora usiamo tutti i nostri risparmi, ci vendiamo la macchina ed abbiamo acceso un' ipoteca sulla casa, sperando che basti. Davvero siamo contenti così: so che è una scelta libera, consapevole e generosa, e che non ci sarà un distacco crudele e definitivo, niente da nascondere o di cui vergognarsi anche un domani con nostro figlio. Non potremmo vivere con noi stessi altrimenti. Abbiamo detto la verità solo ai nostri genitori e quei pochissimi fidatissimi amici che ci hanno appoggiato e sostenuto fin dall' inizio. Non temo il giudizio della gente, ma la «soffiata» malevola e diffamatoria è una possibilità. Su questo tema c' è un clima da caccia alle streghe e non voglio rischiare di ritrovarmi davanti a un tribunale italiano per decidere l' affidamento di mio figlio. Il ritorno in Italia con il bambinoè una grande fetta del problema. Prenderò un periodo di aspettativa e sparirò per un po' , magari dicendo che mi reco all' estero per motivi di studio o lavoro di mio marito. Si tratta di andar via per qualche mese dopo aver indossato abiti larghi ed essere ingrassata un po' . Non mentirò dicendo che sono incinta. Solo, non dissiperò l' equivoco. Partirò con largo anticipo, passerò l' ultimo mese della gravidanza nel luogo di residenza della «madre surrogata». Tornerò con nostro figlio quando il pediatra mi dirà che posso ripartire, immagino dopo un mese o due dalla nascita. Non sarà facile e ci saranno sicuramente tanti che avranno da ridire, ma sai che c' è? Da quando ho visto la prima ecografia non mi importa. Ci siamo innamorati di quel fagiolino, il resto non conta. Vorrei che fosse possibile fare tutto alla luce del sole e credimi, se non ci fossero rischi di beghe legali ed il problema fosse solo la mentalità corrente lo farei, sia perché sono serena e convinta e reputo di non dovermi vergognare di niente, sia perché per cambiare le cose si comincia dal far conoscere ed informare le persone, per il bene di tutti. Vorrei far capire che la maternità surrogata è una tecnica di riproduzione assistita che serve a curare una malattia, l' infertilità, e se regolata giuridicamente e ben applicata da professionisti seri offre una possibilità senza ledere la dignità e libertà di tutte le persone coinvolte. Barbara invece non deve nascondersi. Nel suo paese, quello che sta facendo è valutato alla stregua di un trapianto di rene da vivente od una donazione di midollo o di parte del fegato. Genitori, marito e amici la sostengono al massimo, solo una sua cugina ha fatto commenti poco carini, ma è stata la mosca bianca. Sua figlia ne parla sempre. Alla domanda «Cosa c' è nella pancia di mamma?», risponde «Un bel bambino per Anna e Luca!». Parla alla pancia in italiano, con quelle tre parole che ha imparato da noi quando ci siamo conosciuti perché così, dice, il piccolo si «abituerà». Racconterò la verità a mio figlio. Sto raccogliendo le foto del nostro primo incontro con Barbara, quelle con il medico e le infermiere della clinica alla quale ci siamo rivolti, le prime ecografie. Voglio fare un libro per mio figlio, dove ci saranno le cose che ha diritto di sapere sulla sua venuta al mondo. Non sarà sconvolto, perché la «zia» lontana sarà stata una presenza positiva, un affetto in più nella sua vita fin dalla culla. Gli spiegherò che è stato amato, desiderato e davvero immaginato prima nelle menti e nei cuori di tante persone e poi nato grazie alla forza di volontà ed all' amore di due famiglie. Saprà di essere frutto di un grande dono d' amore, e spero che questo gli insegni quanto è bella e preziosa la vita, anche quando ti pone davanti ostacoli e dolori come la malattia.


ANAIS GINORI

martedì 6 aprile 2010

Fecondazione eterologa. Campagna per l'introduzione

Una campagna di ricorsi per introdurre la fecondazione eterologa in Italia. "Ci prepariamo, insieme Cittadinanza Attiva Toscana, ad aprire un'altra fondamentale battaglia di civilta' per cancellare il divieto sulla donazione di gameti". Lo annuncia in una nota Francesco Gerardi, presidente dell'associazione Hera di Catania, dopo la sentenza del 1 aprile della Corte di Strasburgo, secondo la quale le legislazioni nazionali che vietano la fecondazione eterologa, con la donazione di ovuli e sperma, violano l'articolo 8 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo.
"Siamo pronti- dice Gerardi - ad avviare una campagna di ricorsi giudiziari, la stessa strada che abbiamo percorso per cambiare la legge 40 sulla fecondazione assistita nelle parti che vietavano la diagnosi genetica di preimpianto e obbligavano all'impianto contemporaneo di tre embrioni a prescindere dalle condizioni cliniche del singolo caso". Il pronunciamento della Corte di Strasburgo - prosegue la nota - sanziona la legge austriaca sulla Procreazione medicalmente assistita, che non consente la fecondazione eterologa.
Una situazione identica a quella della legislazione italiana, dove l'articolo 4 della legge 40 del 2004 vieta in modo assoluto e senza spazi d'interpretazione la possibilita' per le coppie di poter ricevere la donazione di un gamete.
"Una norma, quella contenuta nella legge 40 - evidenzia Antonino Guglielmino, direttore dell'Unita' di Medicina della riproduzione del centro Hera di Catania - che penalizza in maniera gravissima tante coppie che vengono discriminate rispetto all'accesso a pratiche mediche esistenti ed efficaci per risolvere un loro problema riproduttivo. E' ad esempio il caso in cui la donna e' in menopausa precoce, oppure uno dei due componenti la coppia e' sterile a causa di un tumore o di una malattia genetica".
"La sentenza della Corte di Strasburgo - afferma l'avvocato Maria Paola Costantini del collegio di difesa dei pazienti dell'associazione Hera di Catania - e' rilevante perche' invita gli Stati europei ad adottare legislazioni non discriminatorie e a riconoscere il diritto alla vita familiare".
La Corte europea potrebbe cosi' aprire una serie di speranze e di possibilita' anche per i pazienti italiani. "Sulla base dell'art.117 della Costituzione italiana - commenta Marilisa D'Amico, ordinario di Diritto costituzionale all'universita' Statale di Milano e membro del collegio di difesa di Hera - i diritti e la giurisprudenza della Corte dei diritti dell'uomo sono parte dell'ordinamento del nostro paese".
"Ora e' la volta del Parlamento di cambiare la legge 40 su questo punto, oppure saranno ancora una volta le coppie e le loro organizzazioni a inserire elementi di civilta' e di ragionevolezza nel nostro Paese. Cosi' come e' successo sempre per la legge 40 con ricorsi promossi dalle coppie che hanno portato la modifica dell'art.14 mediante l'intervento della Corte Costituzionale".

Aduc - 6 aprile 2010

domenica 4 aprile 2010

CANADA - Fecondazione, clinica offre embrioni congelati a coppie sterili

Un'agenzia canadese di consulenza alla procreazione e all'adozione metterà a disposizione delle coppie sterili, che ne faranno richiesta, gli embrioni congelati conservati nelle cliniche del paese. Lo annuncia la Beginnings Counselling & Adoption services dell'Ontario con un comunicato pubblicato sul proprio sito, ripreso dal quotidiano The Globe and Mail. A partire dal 5 aprile prossimo, le coppie con problemi di fertilità potranno utilizzare gli embrioni congelati nei centri di riproduzione umana canadese, afferma l'agenzia. In questo modo - spiega - si risolve anche una questione etica per numerose coppie canadesi: dopo una fecondazione assistita, conclusa con successo, la maggior parte dei genitori non sa come comportarsi con gli embrioni rimasti.
"In passato, le opzioni erano limitate: distruggere gli embrioni, conservarli indefinitamente o metterli a disposizione della ricerca medica. Ora c'è un'altra soluzione", sottolinea Beginnings sul sito, "donarli a chi ne ha bisogno". L'agenzia Beginnings sostiene di essere la sola in Canada a proporre il servizio di donazione di embrioni aperto a tutti, il cui costo è di 13.500 dollari canadesi, circa 10 mila euro. Alcune cliniche canadesi specializzate praticano la donazione anonima, ma riservata solo ai propri pazienti.


Aduc - 4 aprile 2010

venerdì 2 aprile 2010

Fecondazione eterologa in aiuto alla famiglia

Il sole 24 ore - 02/04/2010

Il divieto assoluto di fecondazione eterologa in vitro non è compatibile con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. A dirlo, per la prima volta, è stata la Corte di Strasburgo che, in una sentenza depositata ieri nella causa S.H e altri contro Austria (n. 57813/00), destinata a produrre effetti anche in altri casi analoghi, ha riconosciuto che l`impossibilità totale di ricorrere alla fecondazione eterologa infrange il diritto alla vita familiare e il divieto di discriminazione. Alla Corte europea si erano rivolte due coppie con problemi di fertilità risolvibili solo ricorrendo alla fecondazione in vitro con donazione esterna di ovuli o sperma.

La legge austriaca, al pari di quella italiana (n. 40/2004), vieta la fecondazione eterologa. La stessa Corte costituzionale austriaca, investita della vicenda, aveva ritenuto il divieto compatibile con la Convenzione europea. Una conclusione del tutto ribaltata a Strasburgo che non solo ha condannato l`Austria, ma ha stabilito principi applicabili in casi analoghi, facendo pendere l`ago della bilancia a favore del diritto delle coppie ad avere un figlio. Prima di tutto, la Corte europea ha spazzato via ogni dubbio sull`applicabilità dell`articolo 8 della Convenzione, che riconosce il diritto al rispetto alla vita privata e familiare, ai casi di fecondazione assistita. Per i giudici internazionali, infatti, l`articolo 8 include anche il diritto di rispettare la volontà di un individuo a diventare genitore genetico e quindi di ricorrere alla fecondazione.

La Corte riconosce che gli Stati hanno un margine di discrezionalità in questa materia ma, nell`adozione della normativa interna, sono tenuti a rispettare la Convenzione europea come interpretata da Strasburgo. Nel settore della fecondazione medicalmente assistita - osservano i giudici - manca un approccio unitario degli Stati del Consiglio d`Europa, con la conseguenza che il margine di intervento delle autorità nazionali è ancora più ampio: in alcuni Stati ci sono divieti assoluti, in altri sono proibite alcune tecniche, mentre in altri ancora c`è ampia libertà. Una situazione a macchia di leopardo dovuta proprio a questioni etiche, alla base delle scelte dei diversi ordinamenti, che però non possono condurre a un trattamento discriminatorio tra coppie che hanno bisogno di ricorrere a tecniche di fecondazione.

È vero che gli Stati non hanno alcun obbligo di adottare una legislazione che permetta la fecondazione assistita, ma una volta che questa è consentita devono essere vietati trattamenti discriminatori. In pratica, per la Corte, persone che si trovano in una stessa situazione di infertilità non possono essere trattate diversamente solo in ragione della diversa tecnica di fecondazione utilizzata. Non giustificato, quindi, il divieto della fecondazione eterologa se è ammessa quella omologa. Sono proprio i divieti assoluti a non convincere Strasburgo: le stesse considerazioni di carattere morale richiamate a giustificazione del divieto dal Governo in causa «non sono in sé una giustificazione sufficiente per un totale divieto su una specifica tecnica di fecondazione come la donazione degli ovuli». Bocciate anche altre giustificazioni fondate sul rischio di utilizzo di tecniche selettive di riproduzione.

Le autorità nazionali, per evitare questo pericolo, possono avvalersi di misure proporzionali rispetto all`obiettivo conseguito come, per esempio, prevedere l`utilizzo di medici con particolare esperienza e legati al rispetto di rigorose regole deontologiche. Questo vuol dire che gli abusi potenziali, che possono verificarsi e che vanno combattuti, non sono una ragione sufficiente «a proibire una specifica tecnica di procreazione in modo assoluto» anche perché è possibile utilizzare misure di salvaguardia proporzionali, raggiungendo lo stesso obiettivo. Come vietare ogni forma di remunerazione per i donatori. Per quanto riguarda poi l`esigenza di salvaguardare la certezza nelle relazioni familiari, la Corte parte dalla constatazione che ormai i rapporti familiari inusuali, non fondati su un diretto legame biologico, fanno parte degli ordinamenti di diversi Stati: facile, quindi, far rientrare i rapporti derivanti dalla fecondazione eterologa nel diritto di famiglia.

Marina Castellaneta