lunedì 29 settembre 2008

Fecondazione assistita: la legge 40 al banco degli imputati

Un’altra ordinanza l’accusa di violare la Costituzione. La Consulta ha fissato l’udienza pubblica il prossimo 4 novembre. L'intervista all'Avv. Maria Paola Costantini
di MONICA SOLDANO

A pochi giorni dalla partenza della prima settimana di campagna nazionale sui temi della prevenzione della salute riproduttiva, promossa dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero del Welfare, si riaccendono i riflettori sull’impianto della legge 40 e sulla sua costituzionalità.
Non più due, ma tre, le ordinanze dei tribunali, che partendo dall’esame su di un caso concreto, giungono alla stessa conclusione: la legge 40 non riga dritta, è chiaramente affetta dal virus dell’incostituzionalità. Attesi nelle prossime settimane nuovi provvedimenti in tal senso, dai tribunali di altre città italiane. Una pioggia di ricorsi a cui le principali associazioni di tutela delle coppie infertili stanno lavorando da mesi, incalzate dalle richieste pressanti di giustizia e legalità degli aspiranti genitori.
Cresce, così, il numero di casi e le relative carte che la Corte Costituzionale dovrà esaminare. La prima udienza pubblica è fissata per il prossimo 4 novembre sull’ordinanza di remissione sollevata dal TAR del Lazio, lo scorso gennaio, a meno che non si decida per riunire tutte e tre le ordinanze, come auspicato dagli avvocati delle associazioni e delle coppie.
Ieri, la notizia dell’ennesima, ma non ultima ordinanza, comunicata dalle associazioni Hera onlus di Catania e SoS Infertilità onlus di Milano, che hanno sostenuto il ricorso, questa volta di una coppia siciliana, “migrata” a Firenze, per poter usufruire delle tariffe convenzionate, stabilite dalla Regione Toscana, per i centri di fecondazione assistita, sia pubblici che privati. Una nuova ordinanza, dunque, ed ancora una volta dal Tribunale di Firenze, sulla base del ricorso di una coppia infertile e ad alto rischio genetico, con l’aspirante padre affetto da una forma di tumore, il retinoblastoma, trasmissibile al nascituro con una probabilità del 50%.
Una ordinanza dettagliata, che recupera tutte le precedenti osservazioni dei tribunali, ma che ha una sua specificità, interloquisce e cerca di parlare direttamente ai magistrati della Corte Costituzionale, come ci spiega l’avvocato Maria Paola Costantini, del Foro di Firenze, uno degli avvocati che ha curato la difesa della coppia siciliana.


Avv. Costantini, come valuta questa ordinanza e cosa c’è di nuovo, nell’ambito del ben più ampio “processo” alla legge 40?
In questo caso e, a differenza di quanto richiesto nei procedimenti precedenti da altre associazioni, noi siamo andati diritti sulla richiesta di una valutazione di incostituzionalità da proporre alla Corte. Ed il magistrato ci ha risposto, dopo una lettura molto approfondita sull’impianto generale della legge 40. Ha capito che, così com’ è congegnata, non lascia spazio ad alcuna interpretazione, ma presenta importanti rilievi di incostituzionalità.


Quali, ad esempio?
Tutte le violazioni del diritto alla salute della donna e di tutti i soggetti coinvolti, partono dall’art. 14, cioè dal divieto di congelare gli embrioni, ma soprattutto dall’obbligo di trasferire tutti gli embrioni prodotti, fino ad un massimo di tre. Il magistrato, consapevole del fatto che la Corte non potrà cancellare la legge, ma che potrà pronunciarsi su singole istanze, compie lo sforzo di riscrivere l’art. 14, modificandone alcuni punti.


Una sorta di mediazione?
Forse si, ma sul piano tecnico-giuridico. Indica una strada. Ad esempio lascia invariati i primi due commi dell’art. 14 della legge 40, eccetto che in un punto, dove suggerisce di cancellare il limite esplicito di tre embrioni da produrre, di fatto. Così, ripristina il principio del “caso per caso”, in base alla valutazione clinica del medico e alla salute psico-fisica della donna. Il ragionamento è aiutato anche da un paradosso.


Quale?
Per come è scritto oggi l’articolo 14, è permesso posticipare il trasferimento degli embrioni in utero, e dunque congelare, se la madre ha la febbre, ma non se la madre può subire il trauma di un bambino affetto da un tumore maligno (il retinoblastoma), che le offrirebbe come unica alternativa l’aborto, in corso di gravidanza.


Ne va del diritto alla salute della donna e della dignità della persona, in base all’art. 32 comma 2?
Si, ma anche della violazione dell’articolo 2 della Costituzione, laddove conoscere le condizioni della salute del nascituro, potendolo fare con la diagnosi genetica, ad esempio, ha a che fare anche con la dignità, la libertà e l’uguaglianza della persona, ovvero con la rimozione degli ostacoli al suo pieno sviluppo.


E l’annoso dibattito sull’eugenetica?
Il magistrato di Firenze ne parla nell’ordinanza e discute di eugenetica, dimostrando che è fuori luogo utilizzarla, come argomento di accusa, soprattutto verso i genitori. Se, infatti, questi utilizzassero la metodica della diagnosi genetica, in via preventiva, per conoscere legittimamente lo stato di salute del nascituro, lo farebbero solo in nome di quella dignità e di quella libertà di cui abbiamo detto prima.


Sul divieto di riduzione embrionaria, in caso di gravidanza plurima, art. 14, comma 4, il giudice di Firenze dice qualcosa di originale, che cosa?
Evidenzia la poca chiarezza e forse la contraddittorietà vera e propria del ragionamento. Non si capisce, se sia una norma sull’interruzione volontaria di gravidanza, cioè che impedirebbe, ex post, dopo l’impianto, la riduzione embrionaria o se, come si evincerebbe dall’inciso, si debba collegare al divieto di congelamento, che viene vissuto dalla legge come un tentativo di ridurre il numero di embrioni prima dell’impianto. Le conseguenze potrebbero essere molto diverse. Ricordiamo, inoltre, che la legge 194 non potrebbe discriminare la sua operatività, in base alle modalità del concepimento, se spontaneo o assistito.


L’ultimo punto, ma sostanziale è la “irrevocabilità del consenso”, dopo il concepimento e prima del trasferimento degli embrioni, l’art. 6, per intenderci.
Qui le violazioni costituzionali sono palesi, lo aveva scritto anche la precedente ordinanza. E’ la prima volta che in una legge si nega valore al consenso nelle diverse fasi del trattamento sanitario.
Il magistrato chiarisce bene la premessa, ossia che ormai la fecondazione assistita fa parte di una prassi medica, è routine. Se, dunque, è tale perché le si costruisce attorno una disciplina che la ostacola nell’efficacia e nella tutela dell’integrità psicofisica del paziente? Basta dimostrare che di questo si tratta per farne conseguire che senza il consenso della donna, la violazione è certa.


Come procederà, secondo lei, la Corte Costituzionale?
La Consulta ha diverse facoltà, tra cui rinviare l’udienza attesa per il 4 novembre sulla sola ordinanza del Tar del Lazio e riunire tutte le ordinanze. Dal mio punto di vista, anche noi, gli avvocati delle coppie, dovremmo fare istanza per chiedere questa procedura. Stiamo valutando il da farsi.


Vita di Donna - 26 settembre 2008
http://www.vitadidonna.org/politica/laici/fecondazione-assistita-la-legge-40-al-banco-degli-imputati.html

domenica 28 settembre 2008

29 settembre - 4 ottobre 2008: Settimana di informazione e prevenzione della Fertilità-Infertilità

Campagna nazionale di informazione per la protezione della fertilità e la prevenzione dell'infertilità. L'inziativa è promossa dall'Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, in collaborazione con i centri di PMA, le Società Scientifiche e le Associazioni dei pazienti. La campagna sarà presente su Repubblica Salute del 18 settembre, su Focus del 19 settembre, su Corriere Salute del 21 settembre, su Men's Health del 24 settembre, su Donna informa (allegato di Donna Moderna) del 25 settembre e sarà diffusa dalle Società di Medicina Generale entro il 22 settembre.

venerdì 26 settembre 2008

giovedì 25 settembre 2008

Nuova ordinanza del Tribunale di Firenze pone dubbi di costituzionalità sulla Legge 40

L’ordinanza ripropone in modo più preciso il problema del limite della creazione di soli tre embrioni

Rossella Bartolucci

Si aprono nuovi spazi per un giudizio più ampio della Corte costituzionale che il 4 novembre prossimo si troverà ad esaminare la legge n. 40 sulla procreazione medicalmente assistita. Il Tribunale di Firenze infatti ha sollevato nuove questioni di costituzionalità con un’ordinanza dettagliata, puntuale ed estesa a nuovi aspetti di irrazionalità della legge 40.

Il ricorso che ha promosso l’ordinanza è stato presentato da una coppia infertile, sostenuta dalle associazioni HERA Onlus di Catania e SOS Infertilità Onlus di Milano, con il collegio di difesa costituito dagli avvocati Maria Paola Costantini del Foro di Firenze, Ileana Alesso, Massimo Clara, prof. Marilisa D’Amico del Foro di Milano e Sebastiano Papandrea del Foro di Catania.

“Siamo contenti – dice la Signora Miriam – forse ci sarà qualcuno che ascolterà le nostre ragioni e non valuterà come irrisorie le nostre drammatiche e dolorose esperienze. Non è possibile che migliaia di coppie siano costrette ad andare all’estero per il silenzio e l’insensibilità del nostro Parlamento”.

La richiesta di procedere con la diagnosi preimpianto su di una coppia ad alto rischio genetico che cerca o di evitare la nascita di un figlio che nel 50% dei casi sarà malato di un tumore agli occhi o in alternativa affrontare l’aborto terapeutico, non può essere considerata eugenetica.

Nella diagnosi genetica preimpianto, non esiste nessuna possibilità tecnica e alcuna intenzione, di migliorare o modificare la specie. Si tratta di un falso problema posto da chi cerca di creare solo confusione. Piuttosto la diagnosi genetica preimpianto chiesta dalla coppia siciliana è una giusta considerazione per risolvere una situazione di sofferenza che trova ascolto nel dettato costituzionale e nell’art 3 della Costituzione.

L’ordinanza ripropone in modo più preciso il problema del limite della creazione di soli tre embrioni che risulta gravemente lesivo della salute delle donne ed è in violazione dell’art. 32, 2 e 13 della Costituzione. A tal fine, il giudice propone una riscrittura della norma, così che il numero degli embrioni da creare e da impiantare possa essere valutato caso per caso, secondo criteri medici e le specifiche condizioni della coppia e della donna.

La riscrittura della norma non si ferma qui poiché il giudice formula anche una proposta per ampliare la possibilità di crioconservazione degli embrioni sovranumerari.
Il giudice evidenzia infine due nuovi profili di incostituzionalità: quello relativo al divieto di riduzione embrionaria di gravidanze plurime e quello relativo alla impossibilità di revocare il consenso da parte della donna dal momento della fecondazione dell’ovulo. Ora la palla passa al giudice costituzionale, che potrebbe anche decidere di aspettare questa nuova ordinanza e riunirla alle altre questioni già pendenti.

Il Paese delle donne online http://www.womenews.net/spip3/spip.php?article2591

25 settembre 2008

Bebè infertile da cosmetici in gravidanza

Salute di Repubblica - 25 settembre 2008

Un altro allarme per la fertilità maschile. Questa volta il pericolo arriva dalle abitudini della madre in gravidanza. Sembra infatti che l'utilizzo di profumi e cosmetici nelle donne incinte possa causare infertilità e tumori nei nascituri, soprattutto se maschi. Lo sostiene Richard Sharpe del Medical Research Council, che ha presentato i dati di una ricerca sperimentale sui topi al Simpson Symposium di Edimburgo sulla fertilità.
Il periodo critico è tra l'ottava e la dodicesima settimana, quando inizia la differenziazione degli organi genitali maschili e femminili. L'utilizzo da parte delle gestanti di profumi e prodotti cosmetici "indebolirebbe" e altererebbe l'azione del testosterone e quindi la fertilità futura del nascituro, oltre a favorire l'insorgenza di tumori, soprattutto al testicolo.
Poco tempo fà un altro allarme per la fertilità maschile era stato accertato per pesticidi, diossine, fitoestrogeni, utilizzati in agricoltura o zootecnia. Identico il meccanismo: l'azione bloccante di questi agenti nei confronti degli ormoni sessuali maschili. Infine gli estrogeni veri e propri, assunti dalla madre attraverso il cibo o l'inquinamento delle falde acquifere, riducono nel neonato il numero degli spermatozoi. Insomma, una fertilità maschile "avvelenata" dagli inquinanti che si comportano come veri e propri ormoni, modificando la fertilità e lo sviluppo fetale.
Uno studio finlandese ha dimostrato che nei nati maschi degli ultimi 20 anni vi è un aumento della alterazioni del sistema riproduttivo maschile che si manifesta con infertilità, alterata discesa dei testicoli alla nascita (criptorchidismo), malformazioni dello sbocco dell'uretra (ipospadia) e tumori del testicolo. Seppure in modo più graduale, sta succedendo quanto documentato negli animali come pesci e orsi polari che risultano sempre più ermafroditi.

martedì 23 settembre 2008

Inferno infertilità

L’Espresso 10 luglio 2008

Diagnosi fatte male. Terapie improvvisate. C'è persino un ospedale dove curano con i rimedi di un santo. Un grande medico accusa: in questo campo la medicina italiana è colpevolmente arretrata colloquio con Carlo Flamigni

Roba vecchia di un secolo. In buona sostanza frutto di una mentalità prescientifica. Così Carlo Flamigni, professore di Ginecologia e Ostetricia all'Università di Bologna, uno dei padri della medicina della fertilità, definisce buona parte della ginecologia italiana quando si applica a combattere un male sempre più diffuso, la difficoltà di mettere al mondo un figlio. E lo fa in un libro monumentale, due volumi ponderosi dal titolo 'Il primo e il secondo libro della sterilità' che l'editore De Agostini sta per mandare in libreria. E in cui il medico delle donne illustra nel dettaglio tutte le verità scientificamente dimostrabili su una patologia che, nell'immaginario di molti, è ancora più una sciagura da scongiurare che non una malattia da curare. Ma dire che la medicina della sterilità in Italia è ancora in molti centri a un livello prescientifico è un'accusa pesante. Gli abbiamo chiesto di spiegarci cosa c'è di magico nella ginecologia italiana. E, invece, cosa propone la scienza agli aspiranti genitori in difficoltà.


Professore, cosa intende per prescientifico?
"In Italia esiste un ospedale, l'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico Casa Sollievo della Sofferenza a San Giovanni Rotondo in Puglia, che da decenni inserisce nel canale cervicale di un numero elevatissimo di pazienti affette da sterilità un tubetto metallico, chiamato Petit-Lafour, proprio come avveniva agli inizi del Novecento, quando si pensava di stimolare un presunto e immaginario centro uterino dell'ovulazione e di aprire agli spermatozoi una porta che si considerava semichiusa. È un atto improprio, giustificato con l'assicurazione che si tratta di strumenti precedentemente benedetti da un sant'uomo".

Ignoranza, malafede?
"La mia opinione personale è che si tratti di superstizione, ma questa, ripeto, è la mia opinione personale. Per alcune persone si tratta molto semplicemente di fiducia nella competenza del medico; per altre si tratta di fede, e non sta a me contestare questi sentimenti. Resta il fatto che non esiste nella letteratura medica la benché minima prova che questo intervento abbia una qualche utilità, e questa non è cosa di poco conto".

Così ci sono coppie che perdono denaro e tempo prezioso sottoponendosi a esami e trattamenti inutili, quando non dannosi. Eppure anche lei, nel libro, ammette che la scienza è ben lungi dall'indicare parametri precisi e protocolli rigidi per la diagnosi e la cura della sterilità. Ma tutti sono d'accordo che è una condizione in crescita?
"Le statistiche internazionali parlano del 15 per cento della popolazione. Su cento casi, 35 dipendono dall'uomo, 35 sono causati da un problema meccanico e 15 da un problema ormonale della donna; in sei casi la sterilità è della coppia e in non più di un caso - ma sono perplesso anche su questo unico caso - si tratta di un problema immunologico. Infine, se il protocollo d'indagine include una laparoscopia e se i medici sono sufficientemente esperti, le sterilità idiopatiche non dovrebbero così superare l'8 per cento".

Idiopatiche?
"In generale i medici usano dei termini greci quando non sanno definire un fenomeno. Idiopatica o criptogenetica è quella sterilità di cui non si capiscono le cause. Spesso perché non si è indagato bene. Chi fa un uso frequente di queste diagnosi secondo me non sa fare bene il suo mestiere. Esistono diversi protocolli per diagnosticare le cause di sterilità, alcuni sono semplici, altri più complessi e le ragioni per scegliere gli uni o gli altri non rispondono sempre a criteri logici. La probabilità di diagnosticare una sterilità idiopatica è tanto maggiore quanto più il protocollo di indagini è incompleto o di scarsa qualità".

Vuol dire che spesso si fanno esami sbagliati? E così torniamo all'inadeguatezza di molta medicina italiana contro la sterilità. Ma a quali indagini diagnostiche si riferisce?
"Una delle cause principali di sterilità è l'esistenza di un danno strutturale nell'apparato genitale femminile. Ebbene, nella maggioranza dei casi questo aspetto risulta essere stato indagato con un'indagine altrettanto fallace quanto obsoleta, l'isterosalpingografia. Questo esame, secondo i miei calcoli, dice che va tutto bene quando non è così almeno nel 45 per cento dei casi! I medici preferiscono eseguire un esame così fallace perché l'alternativa, la laparoscopia, è molto più invasiva, o perché sono convinti di sapere riconoscere i falsi negativi. Resta il fatto che nella mia casistica la percentuale di sterilità di cui non si conosce la ragione è dell'8 per cento mentre a livello nazionale si aggira sul 15-20 per cento".

Con quali conseguenze?
"Che mi trovo spesso davanti a donne che, pur essendo portatrici di sterilità meccanica, sono state martoriate con ogni tipo di stimolazione ormonale ovviamente inutile solo perché l'isterosalpingografia aveva dato esito 'favorevole'. Un altro esempio è quello del post-coital-test, un esame che consiste nel valutare numero e motilità degli spermatozoi nel muco del canale cervicale alcune ore dopo il rapporto sessuale. Si tratta di un test noto per il grandissimo numero di false positività, casi cioè in cui sembra che esista un problema cervicale quando invece non esiste. Per due volte l'Organizzazione mondiale della sanità ha segnalato queste difficoltà e ha sconsigliato l'uso del test. Gli esami poco accurati fanno perdere tempo prezioso, un fatto tanto più grave se la donna non è più giovanissima. Prima viene individuato il problema alla base della sterilità o della ipofertilità, prima vengono discusse con la coppia le probabilità di successo a seconda che decidano di aspettare o di agire e, in quest'ultimo caso, quale sia il miglior trattamento".

Molte ricerche suggeriscono che uomini e donne siano sempre meno fertili. Cosa sta succedendo?"
I dati sulla frequenza della sterilità sono imprecisi e raccolti malamente. Per la donna, vale anzitutto la scelta di rinviare il momento di pensare alla nascita di un figlio. Considerata l'influenza dell'età sulla fertilità femminile, ogni anno che passa avrà maggiori difficoltà a iniziare una gravidanza, più aborti. Se una donna cerca una prima gravidanza a 37 anni, per la società può essere considerata una ragazza, ma dal punto di vista biologico non lo è più. Da alcuni studi recenti, comunque, si evince che a parità di età, rispetto a qualche decennio fa, la fertilità delle donne è migliorata, merito probabilmente della maggiore attenzione nei confronti delle infezioni genitali e migliori condizioni igieniche. Ma mentre la fertilità delle coppie migliora, la qualità del seme continua a peggiorare, come testimoniano gli studi di confronto eseguiti da alcuni centri sulla base degli spermiogramma".

Per gli uomini le cause della diminuzione della fertilità sono collegate all'inquinamento dell'ambiente e alle modificazioni dello stile di vita. Non ci sono soluzioni?
"Se un uomo mangia carni di animali che sono stati trattati con estrogeni si caricherà di ormoni femminili e il suo testicolo non ne gioirà. Portare indumenti attillati, restare a lungo seduti, fare bagni molto caldi, non giova alla spermatogenesi, visto che il testicolo deve lavorare a una temperatura inferiore a quella del corpo. Per questo è meglio indossare i boxer che non gli slip attillati. Ci sono poi possibili cause di danno alla fertilità di cui sappiamo poco. Mauro Tognon, genetista di Ferrara, ha trovato nel genoma di molti individui, tra cui molti uomini sterili, un virus specifico delle scimmie, mai osservato nella nostra specie. Lo dobbiamo alle vaccinazioni contro la poliomielite che sono state preparate coltivando il virus in terreni di coltura che contenevano cellule renali di scimmia".

I vaccini colpevoli?
"Per ora non è stato dimostrato alcun effetto di questa presenza, ma solo il tempo ci darà una risposta definitiva. Dopo la Seconda guerra mondiale, poi, è aumentata la presenza di molti agenti chimici come i bifenili policlorinati (Pcb), le dibenzo-p-diossine policlorinate (Pcdf) e i pesticidi quali il diclodifenil tricloroetano (Ddt). I primi due sono stati banditi tra il 1970 e il 1980, ma l'ultimo è ancora usato in alcune parti del pianeta. Molte di queste sostanze possiedono deboli effetti agonisti e antagonisti su diversi sistemi ormonali ed esistono molti dati sperimentali che dimostrano come l'esposizione a questi agenti abbia effetti negativi sulle funzioni endocrine e riproduttive. L'inquinamento potrebbe essere la causa anche di modificazioni della regolarità dei cicli mestruali ed esiste molto probabilmente un rapporto fra diossina ed endometriosi. Infine, ci sono i danni causati da fumo di sigaretta e stress, che colpiscono entrambi i sessi".

Dai suoi rilievi emerge che in Italia la cura dell'infertilità è spesso assai poco scientifica. Che impatto ha avuto in questo scenario la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita?
"È un ennesimo esempio di mentalità prescientifica. Con la legge 40 si è trasformato uno strumento valido per la cura della sterilità in un mezzo poco efficace. Grazie alle tecniche complesse, la procreazione medicalmente assistita ha uno status scientifico riconosciuto a livello mondiale, ma in Italia queste tecniche non possono essere usate appieno. L'effetto è chiaro, basta guardare gli ultimi dati forniti dall'Istituto Superiore di Sanità: una riduzione delle gravidanze del 3,5 per cento. Invece di 7 mila siamo passati a 6 mila gravidanze. Mille coppie che con una legge più scientifica avrebbero potuto avere un figlio".

Letizia Gabaglio

lunedì 22 settembre 2008

Francia. Cellule staminali per guarire

A partire da linee portatrici di malattie rare, alcuni ricercatori francesi si ripromettono di conoscerle meglio. E, un domani, guarirle.

Nella corsa mondiale alle terapie basate sulle cellule staminali, la Francia raggiunge finalmente il gruppo. Se durante tutta l'estate le equipe americane e giapponesi hanno moltiplicato le pubblicazioni sul tema, secondo nostre informazioni, anche alcuni ricercatori francesi stanno registrando progressi che potrebbero aiutare a conoscere meglio alcune malattie genetiche.Tutto e' partito dal centro diagnostico preimpianto di Strasburgo (Basso Reno), dove le coppie preoccupate di trasmettere ai loro figli una patologia grave si recano per beneficiare di una fecondazione in vitro, avendo la garanzia che verranno reimpiantati solo gli embrioni sani. La maggioranza di queste coppie accetta di dare alla scienza gli embrioni colpiti da un'anomalia genetica. Cosi', l'equipe di Stephane Viville, in collaborazione con l'istituto Istem di Evry (Essonne) e' riuscita a sviluppare dieci linee di cellule staminali embrionali portatrici di patologie (per esempio, la malattia di Huntington).

Testare nuovi medicinali

Alcune sono uniche al mondo, come la linea maschile della sindrome dell'X fragile (causa di ritardo mentale), quella dell'atassia spinocerebrale di tipo 2 (una malattia degenerativa) o ancora quella di una forma famigliare di cancro della tiroide. Queste cellule permetteranno ai ricercatori di studiare in laboratorio i meccanismi delle varie patologie e di testare su grande scala nuovi farmaci. I ricercatori di Strasburgo s'impegnano poi su un'altra via, recente ma promettente, che permetterebbe di avere gli stessi risultati senza ricorrere agli embrioni. Hanno appena ottenuto 12 linee di cellule staminali umane (sane, questa volta) partendo da semplici cellule della pelle.

Aduc - 20 settembre 2008

domenica 21 settembre 2008

«Piove sul nostro amore»

Corriere della sera - 18 settembre 2008

Il mio viaggio nell'Italia della 194

Silvia Ballestra: «È in corso una campagna che trascura la realtà». Il lacerante dibattito sulla vita

MILANO - Il titolo, «Piove sul nostro amore» (Feltrinelli, pp. 174, e 14), ripreso com'è da Modugno — Piove: ma piove piove sul nostro amor — farebbe pensare a un romanzo sentimentale riveduto in chiave post-avanguardia, visto che l'autrice è Silvia Ballestra («Il compleanno dell'Iguana», «La guerra degli Anto'»). Invece non è un romanzo. E se di un sentimento si deve parlare, è l'indignazione con cui la scrittrice compie un viaggio nell'Italia del 2008 per vedere se c'è davvero, come dicono i cattolici e i pro life, «un'emergenza legata ai temi della vita, se davvero italiane e italiani si sentono minacciati dal dilagare dell'aborto, dall'abuso della pillola del giorno dopo, dal rischio dell'eugenetica». A 30 anni dalla 194 (promulgata il 22 maggio 1978, confermata tre anni dopo dalla sconfitta del referendum abrogativo proposto dal Movimento per la vita: il 67,9% di no), l'interruzione volontaria di gravidanza funziona: il numero di aborti è dimezzato.

Perché dunque l'indignazione? «Perché — dice Ballestra — è in atto una campagna feroce contro l'aborto, che si prende grandissimi spazi su giornali e tv, e che vede un fronte d'attacco composito che va dal Papa — dai Papi, direi, anche Giovanni Paolo II non ci andava leggero — ai medici obiettori sempre più numerosi, dai movimenti pro life diffusi ovunque fino a Giuliano Ferrara, che ha partecipato alle ultime elezioni politiche con una lista a sostegno della sua proposta di moratoria sull'aborto». Sì, ma la lista Ferrara ha preso solo lo 0,3 per cento dei voti. «È vero. Però, intanto, si è creato un clima di demonizzazione dell'aborto. Si sono usati termini come "assassinio" o "eugenetica", equiparando l'aborto terapeutico previsto dalla legge alle pratiche naziste. Quando, in febbraio, a Napoli la polizia entrò nel reparto di Ostetricia e ginecologia dove una donna aveva fatto un aborto terapeutico perché il figlio concepito era affetto da gravi malformazioni... ». La polizia era stata chiamata da un portantino che denunciava un infanticidio: falso, ma il giudice autorizzò l'invio di una donna poliziotto. Il giornale di Ferrara denunciò quel caso come l'omicidio di un bambino malato, un caso di eugenetica nazista. «È stato uno dei picchi raggiunti da questa ondata anti-abortista. Tutto era cominciato qualche anno prima, con la brutta legge 40 (19 febbraio 2004) sulla procreazione assistita: il riconoscimento dei diritti per l'embrione è un primo passo per togliere diritti alle donne. È chiaro che se quello è un essere vivente con i suoi diritti, chi abortisce è un'assassina. È assurdo, perché la donna e l'embrione non sono esseri indipendenti».

Da allora, ricorda Ballestra nel libro, le donne sono tornate in piazza: nel 2006 con la manifestazione Usciamo dal silenzio, quest'anno per protestare contro i fatti di Napoli. «Le donne a quel diritto conquistato non vogliono più rinunciare. Ma non si può non vedere — dice Ballestra — come gli antiabortisti ormai, giorno dopo giorno, si fanno più insistenti». Proliferano siti pro life che mostrano feti maciullati; nelle strutture pubbliche ci sono sempre più medici obiettori; farsi prescrivere la pillola del giorno dopo («un anticoncezionale, si badi bene — ribadisce l'autrice — che in altri Paesi è in vendita tra i prodotti da banco») è un'impresa; e per la Ru486 («un farmaco abortivo») è cominciato il turismo sanitario.

Indignata contro questo clima («sembra che tutti abbiano dimenticato la differenza sostanziale: i laici non vogliono imporre niente a nessuno, aborti o eutanasia; sono i cattolici che vogliono impedire agli altri di esercitare la propria libertà di scelta»), Ballestra va in giro nell'Italia 2008 raccogliendo storie di donne, di medici, di ospedali, di consultori, di antiabortisti. L'inizio è a Roma, l'8 marzo, con il ricevimento delle donne in Quirinale e il comizio della lista Ferrara a piazza Farnese; prosegue con la descrizione di due riunioni di Cav (Centri d'aiuto alla vita, ormai fortemente presenti anche negli ospedali), una a Magenta e una a Corbetta. A Corbetta parla il professor Mario Palmaro (docente di bioetica della Pontificia Università Regina Apostolorum) che dice che la legge 194 «trasforma un delitto in un diritto» e che contando 4 milioni e 800 mila aborti compiuti dall'entrata in vigore della legge, afferma che i 4 milioni e 800 mila donne che li hanno fatti «sono una bomba atomica antropologica spolverata sulla nostra società».

Ci sono, poi, tre lunghe interviste. Una al professor Francesco Dambrosio, il medico-simbolo della Mangiagalli di Milano oggi in pensione, denunciato nell'88 per gli aborti terapeutici con la sua équipe, assolto nel 2000. Un'altra è con il dottor Silvio Viale di Torino, che usa la Ru486 ed è indagato per «violazione della legge 194». C'è infine un lungo colloquio con la storica Anna Bravo, che in un'intervista alla Repubblica disse: «Tendevamo a sorvolare sul fatto che le vittime erano due, la donna e anche il feto». Scatenando le reazioni di tante che, preoccupate dalla crescente ondata cattolica, le rimproveravano di fare il gioco del nemico. Invece, sostiene la storica, proprio l'aver lasciato in ombra la questione etica ha concesso tanto terreno agli antiabortisti, che oggi si ergono come depositari della morale. Certo, di aborto le donne non parlano molto. Pochi film e libri ne trattano, anche se recentemente due pellicole — l'americano Juno, il rumeno Quattro mesi, tre settimane, un giorno — hanno fatto discutere. Rimane, l'aborto, l'oggetto di confidenze tra amiche, un pegno di complicità. «Nessuna donna — scrive Ballestra — ha mai abortito con leggerezza». Pesa, comunque, il silenzio. Ora soprattutto che i pro life alzano la voce. E magari, dice Ballestra, andrebbe ricordato che i pro choice sostengono la libertà per la donna di scegliere, e la donna può pure scegliere di avere il figlio. Senza forzature altrui, però. Del resto — ed è il tema del bellissimo ultimo capitolo — quelli che gridano tanto di essere «per la vita», che ne sanno davvero della vita?

È il messaggio con cui Betty, infermiera in pediatria all'Ospedale di Padova, invita a visitare quelle corsie «dove si trovano bimbi costretti a una vita di sofferenze ». In molti casi, dice, non c'è stata una diagnosi prenatale, o è stata fatta male. Ci sono i prematuri che vengono rianimati una, due, dieci volte: «A un certo punto, quando i genitori non ce la fanno più, quando il bambino non ce la fa più, lo lasci andare». A Padova, nella Basilica del Santo, dietro la tomba di Sant'Antonio ci sono le foto dei bambini che ce l'hanno fatta; ma anche i biglietti delle mamme che i bambini li hanno persi, ma ringraziano Dio che ha posto fine alle sofferenze di quei poverini.

Ranieri Polese

sabato 20 settembre 2008

Sterilità, problema di coppia e non solo

Salute di Repubblica - 18 settembre 2008

L'ULTIMA fatica letteraria di Carlo Flamigni, ginecologo insigne dell'università di Bologna e pionere della fecondazione assistita, è dedicata a un tema a lui caro, la sterilità. In due poderosi volumi (Il primo e il secondo volume della sterilità, Utet, euro 47) Flamigni, che è anche membro del Comitato Nazionale di Bioetica, affronta questo delicatissimo tema da molti punti di vista: quello della coppia, che vive come una menomazione la propria incapacità di procreare e che spesso non trova un sostegno psicologico adeguato neppure nei medici ai quali si rivolge, e quello delle diverse tecniche di fecondazione assistita. Anche alla luce della legge 40, che ha ristretto le possibilità di accesso ad alcune tecniche per le coppie infertili, costringendo molte coppie italiane a rivolgersi all'estero. Passando per il tema della fertilità femminile e maschile, alla quale si pensa solo quando si decide di avere un figlio e che si trascura da giovani con comportamenti sbagliati.

Perché ci si ritrova sterili? Flamigni prende in considerazione tutte le possibili cause del problema, descrive con dovizia di particolari le indagini che vanno fatte per la diagnosi, illustra le diverse cure. Anche se - sottolinea - essendo la sterilità in espansione, è rilevante il numero di casi in cui l'analisi clinica non è in grado di individuare cause certe. E non manca di evidenziare le difficoltà della medicina - e ovviamente dei medici - nel dover affrontare e affiancare le coppie in un momento di grandissima difficoltà psicologica: quello della diagnosi. Il passaggio successivo, per molti, è ricorrere alla tecniche di fecondazione assistita, con tutto quello che vuol dire in termini di investimento emotivo, ancor prima che psicologico. "È l'inizio", scrive Flamigni, "di un iter spesso lungo e doloroso, percorrendo il quale, e sopportandone gli oneri, la costanza non è sempre ricompensata da un risultato felice".

Elvira Naselli

Troppa soia rende meno fertili

Salute di Repubblica - 18 settembre 2008

GLI UOMINI che consumano molti cibi a base di soia hanno meno spermatozoi nel liquido seminale. Lo rileva lo studio di un gruppo di ricercatori coordinati da Jorge Chavarro del dipartimento di Nutrizione della Harvard School of Public Health, a Boston (Usa), pubblicato sulla rivista Human Reproduction. Lo studio ha esaminato 99 uomini che frequentavano una clinica della fertilità tra il 2000 e il 2006. Questi sono stati divisi in quattro gruppi, a seconda dell'assunzione di cibi a base di soia. Coloro che ne utilizzavano le maggiori quantità nella dieta avevano 41 milioni di spermatozoi per millilitro di liquido seminale in meno di quelli che non consumavano prodotti a base di soia. Considerando che in media la conta degli spermatozoi va da 80 a 120 milioni/ml, tale riduzione si avvicina, per alcuni uomini, alla metà del totale."I maggiori consumatori di soia", spiega Chavarro, "assumevano in media mezza porzione al giorno di cibi a base di soia. In termini del loro contenuto di isoflavoni, gli estrogeni vegetali o fitoestrogeni, di cui è ricca la soia, ciò equivale a consumare una tazza di latte di soia o una porzione di tofu, tempeh o hamburger a giorni alterni". Il risultato ha tenuto conto di fattori variabili come l'età, il tempo di astinenza, l'indice di massa corporea (Imc), l'assunzione di alcol o caffeina e fumo. Al gruppo di uomini è stato anche chiesto quanto spesso e in quale quantità avevano consumato soia durante i tre mesi precedenti; i cibi comprendevano tofu, tempeh, salsicce, bacon, hamburger e tritato di tofu o soia, latte, formaggio, yogurt e gelato di soia, e altri prodotti a base di soia come bevande, polveri e barrette energetiche. Tali cibi sono stati inoltre classificati a seconda del livello di isoflavoni che contenevano.
Studi precedenti avevano messo in relazione l'alto consumo di isoflavoni anche con l'infertilità negli animali. Risultato non sorprendente dato che gli estrogeni, anche se di origine vegetale, esercitano comunque la loro azione femminilizzante. Fino a questa ricerca di Harvard, però, c'erano poche prove del loro effetto sugli uomini.

giovedì 18 settembre 2008

Se la legge regola la vita e la morte

La Repubblica - 18 settembre 2008

Ai politici prepotenti, ai giuristi impazienti, agli eticisti saccenti si addice l´ammonimento di Michel de Montaigne: «La vita è un movimento ineguale, irregolare e multiforme». Quest´intima sua natura fa sì che la vita appaia come irriducibile ad un carattere proprio del diritto: il dover essere eguale, regolare, uniforme. Da qui, da quest´antico e ineliminabile conflitto, nascono le difficoltà che oggi registriamo, più intense di quelle del passato perché l´innovazione scientifica e tecnologica fa progressivamente venir meno le barriere che le leggi naturali ponevano alla libertà di scelta sul modo di nascere e di morire. Proprio la natura, con le sue leggi che apparivano sottratte alla volontà umana, allontanava dal diritto l´obbligo di misurarsi con quel conflitto. I grandi codici, pur aprendosi tutti con una parte dedicata alle "persone", ne ignoravano del tutto la fisicità, facendo minimi accenni al nascere e al morire. Di questi punti estremi del ciclo vitale si limitavano a registrare la naturalità. Era la natura che governava, e il diritto poteva silenziosamente stare a guardare.

«Nella disciplina storica per molto tempo ha prevalso l´idea che il corpo appartenesse alla natura». Questa confessione di Jacques Le Goff può apparire sorprendente, perché da sempre riti e regole del potere, ma pure i ritmi della vita quotidiana e le pratiche mediche e magiche, hanno scandito le modalità d´uso del corpo, la sua libertà o il suo essere oggetto d´implacabile coercizione. Coglieva, però, un dato culturale, oggi sempre più respinto sullo sfondo da una artificialità che ci avvolge sempre più intensamente, che supera le barriere naturali, che consente scelte dove prima era solo caso o necessità. Di questo ci ha parlato la vicenda di Piergiorgio Welby e ci parla oggi quella di Eluana Englaro. Di questo ci parlano i tre milioni di bambini nati con le tecniche di procreazione assistita. Di questo ci parla Oscar Pistorius che, privo della parte inferiore delle gambe, le sostituisce con protesi in fibra di carbonio e non solo corre e vince nelle paraolimpiadi, ma si vede riconosciuto anche il diritto a partecipare alle olimpiadi vere e proprie, fa cadere la barriera tra "normodotati" e portatori di protesi e impone così una nuova nozione di normalità.

Lo sappiamo da molti anni, almeno da quando nel 1970 si inventò il termine bioetica, che un mondo nuovo s´apriva davanti alle riflessioni ed alle pratiche concrete, e ciò evocava pure un nuovo bisogno di regole, tanto che si è cominciato a parlare di biodiritto. Vi è un campo di regole - etiche, giuridiche - alle quali la vita dovrebbe essere sottoposta. Come, però? Ed è questa domanda, ineludibile, che fa del rapporto tra vita e regole un tema che sopravanza tutti gli altri, e sembra essere uno di quelli che, con intensità maggiore, danno il tono al nostro tempo, alla nostra civiltà.

È vero, una nuova riflessione è necessaria, perché la tecnoscienza ha sconvolto paradigmi consolidati, incide sull´antropologia stessa quale si era venuta costruendo nella storia dell´umanità. Ma questo invito è spesso accompagnato da una contraddizione, nella discussione italiana soprattutto. Si invocano categorie nuove ma, quando viene il momento di dare spazio alla regola giuridica, troppo spesso si impugnano gli strumenti vecchi. Timorosi del nuovo, l´unica norma possibile sembra essere il divieto. No all´interruzione dei trattamenti di sopravvivenza, no al testamento biologico, no alla procreazione assistita (e no a quel nuovo modo di organizzare le relazioni personali rappresentato dalle unioni di fatto). Ma può il diritto divenire solo il custode delle arretratezze e delle paure? La strumentazione giuridica, costruita in altro clima e per altri obiettivi, deve essere profondamente rimeditata. L´unico protagonista non può essere un legislatore che s´impadronisce d´ogni dettaglio, e giudica e manda una volta per tutte. L´unica tecnica giuridica disponibile non può essere ritrovata nel divieto, al tempo stesso eccessivo e vano. La vita non può essere sacrificata da una norma costrittiva, che dovrebbe ricostruire una situazione artificiale di impossibilità al posto di quella naturale, travolta dal progresso scientifico. Questa è pretesa vana, verrebbe quasi da dire innaturale, mentre la parola giusta è autoritaria. Questo significa abbandonare ogni ancoraggio, muoversi senza bussola nel mare aperto e drammatico di innovazioni che danno alla vita e al suo governo tratti sconvolgenti e persino drammatici? Niente affatto. Vi è un forte nucleo di principi dai quali muovere, che possono essere riassunti nella formula della "costituzionalizzazione della persona", resa evidente non solo dalla Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea, ma soprattutto dalla progressiva riscoperta della trama profonda della nostra Costituzione. Una trama che fa emergere libertà e dignità nella duplice dimensione individuale e sociale, legandole indissolubilmente (l´"esistenza libera e dignitosa" di cui parla l´articolo 36) e, quindi, escludendo che il riferimento alla dignità possa divenire tramite per l´imposizione di punti di vista limitativi della libertà e della coscienza della persona; che ribadisce il diritti alla libertà personale (articolo 13); che fa del "rispetto della persona umana" (articolo 32) un limite che lo stesso legislatore non può valicare; che esclude la possibilità di discriminazioni sulla base delle "condizioni personali" (articolo 3). Il governo della vita è così posto anzitutto nelle mani della persona, e ciò esige un diverso modo d´intendere la regola giuridica, che si fa flessibile, discreta, capace di seguire la vita nelle varie sue sfaccettature, singolarità, irregolarità, mutevolezze. Riferimento a principi comuni, ma non chiusura in un unico schema. La contraddizione disvelata dall´ammonimento di Montaigne è così superata? Conclusione eccessiva: ma è certo che ci si muove in una dimensione dove il conflitto trova diversi e più adeguati strumenti di composizione.

Torniamo al caso di Eluana Englaro, drammaticamente ancora aperto. Il punto di svolta è stato rappresentato dalla sentenza della Corte di Cassazione dell´ottobre 2007 che, dopo aver ricostruito i principi di riferimento con un rigore raro anche in analoghe sentenze di altri paesi, li ha poi riferiti al caso concreto, affidando alla Corte d´appello di Milano il compito di attuarli. Sono poi venuti le ripulse e le resistenze, l´illegittimo rifiuto della Regione Lombardia di dare attuazione alla decisione dei giudici nelle proprie strutture ospedaliere, addirittura il conflitto di attribuzione sollevato davanti alla Corte costituzionale dal Parlamento, che afferma d´essere stato espropriato dai giudici del suo esclusivo potere legislativo.

Una guerriglia istituzionale è in corso, che nega l´umana pietà, ma che mette pure in evidenza un impasto tra arretratezza culturale e piccola furbizia politica. Non è pensabile che il Parlamento segua con una regolazione minuta, di dettaglio, ogni innovazione prodotta da scienza e tecnologia. Compito suo è quello della legislazione per principi che esige, poi, l´ineliminabile mediazione giudiziaria, sul duplice versante dell´adattamento alle specifiche vicende individuali e della risposta ai quesiti via via posti dall´innovazione, ai quali non ci si può sottrarre senza negare giustizia a chi la chiede.

Ma l´insistenza sulle prerogative del Parlamento ha un obiettivo di breve periodo. Sostenendo che il legislatore è il solo ad aver diritto di parola in determinate materie, si crea la premessa per norme che formalmente riconoscono le nuove esigenze, ma sostanzialmente le rinchiudono nei vecchi schemi. Gli oppositori di ieri si dichiarano pronti a sostenere una legge sul testamento biologico. In che modo, però? Escludendo che si possa rinunciare all´idratazione e all´alimentazione forzata e che le decisioni dell´interessato possano avere valore vincolante per il medico. Così, quello che viene presentato come il riconoscimento d´un diritto assume i colori d´una restaurazione, perché è una forzatura l´esclusione dalle terapie rifiutabili dell´idratazione e dell´alimentazione (Ignazio Marino non si stanca di ricordarci quanti siano gli interventi terapeutici che devono accompagnarle e lo stesso cardinale Barragan riconosce che vi sono casi in cui esse altro non sono che accanimento terapeutico). E perché subordinare alla valutazione del medico la portata del testamento biologico contraddice il principio consolidato del valore del consenso informato dell´interessato. Così una politica intimamente debole cerca di impadronirsi della vita delle persone. Ma così segna una distanza, mostra la sua incapacità di comprendere il mondo che cambia, rinuncia a fare del diritto uno strumento rispettoso della libertà e della stessa umanità delle persone.

Stefano Rodotà

Passo indietro sulle nascite

Il Sole 24 ore - 18 settembre 2008

In Italia non abbiamo ancora una disciplina delle coppie di fatto e non è ancora attuata la piena parità di tutti i figli nati nel o fuori del matrimonio. La nostra legge sulla procreazione assistita è tra le più restrittive in Europa. Nel diritto attuale è cambiato il rapporto tra procreazione e matrimonio. Il diritto antico stabiliva un rapporto biunivoco, nel senso che il matrimonio è istituzionalmente orientato alla procreazione e che la procreazione è legittima solo nel matrimonio. La costruzione ottocentesca della famiglia poggia sull’autorità del marito, la donna non ha un’esistenza autonoma, il suo corpo è oggetto di interventi feroci, di contratti mortificanti, del potere “proprietario” del marito. Nell’evoluzione che lo ha segnato, a partire dal 1975, il diritto “fa un passo indietro”. Il diritto civile - che in questo si differenzia dal diritto canonico – appare sempre più neutrale rispetto alle scelte procreative dei singoli. L’aspirazione alla discendenza si realizza non più con la “forza” del diritto, ma sulla base del consenso.
Il diritto deve poi tener conto dei progressi scientifici: la biologia, la medicina, le tecnologie ad esse applicate sempre più spesso intervengono nel campo della procreazione. Le nuove tecnologie a volte rendono superflue regole giuridiche tradizionali: si pensi come i test genetici hanno rivoluzionato l’accertamento della paternità. Altre volte ne rendono necessarie di nuove: è il caso della procreazione assistita. Per il diritto il problema di fondo è quello dei modi in cui porsi riguardo alle scienze della vita, dei limiti che incontra di fronte al corpo, alle sfere più intime dell’esistenza. Il rischio è quello di una eccessiva invadenza, quasi che fosse in suo potere dettare regole per ogni cosa, senza tener conto della varietà delle concezioni morali, dei modi di intendere la vita, la famiglia, la procreazione.


Gilda Ferrando

Il confine fra vita e morte e i poteri del Parlamento

Da "IL SOLE 24 ORE" di giovedì 18 settembre 2008

La domanda. Un’assemblea elettiva può intervenire su beni di carattere personale?
La sfida. Le nuove tecnologie spingono l’aggiornamento delle regole giuridiche

Chiedersi sei giudici possano essere padroni della vita è fuorviante, perché induce la risposta negativa (sulla quale si è tutti d’accordo) e crea una cortina di sensi confliggenti che non aiutano a comprendere.
Per esempio, esclusi i giudici, vi è qualcun altro che invece (e a ragione) possa essere padrone della vita? Le reazioni di parte politica e delle gerarchie cattoliche alla decisione della Cassazione sul caso Englaro e il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Parlamento italiano sembrano indicare un diverso padrone, il Parlamento quale luogo idoneo a decidere anche sulle questioni di vita. Anche alcuni importanti parlamentari non cattolici dell’opposizione sono dello stesso avviso.

Ma siamo proprio sicuri che il Parlamento possa essere "padrone della vita" dei cittadini? Si ricorderà la vicenda del Parlamento islandese che il 17 dicembre 1998 approvò, a maggioranza, una legge che autorizzava la raccolta e l’elaborazione di campioni biologici e di dati sanitarie genetici dell’intera popolazione dell’isola da parte di imprese private a scopo di profitto (è il caso deCode genetics). Proprio in quell’occasione feci notare come le assemblee elettive, per giunta a maggioranza, non hanno poteri illimitati, perché nessuna teoria della rappresentanza politica comprende la possibilità di cessione a scopo commerciale di beni di natura così personale dell’intera popolazione.
Infatti, per riconoscere allo Stato un potere di cessione di beni così personali bisogna pensare che i cittadini, nel riunirsi in società, abbiano ceduto quei loro diritti. Ma, come ricorda Hobbes nel Leviatano, «il motivo e il fine per cui sono introdotti la rinuncia e il trasferimento del diritto non è altro che la sicurezza della persona riguardo alla vita e ai mezzi per conservarla senza disagi [...] se il sovrano comanda a un uomo (per quanto giustamente condannato) di uccidersi, ferirsi o mutilarsi; di non fare resistenza a coloro che lo aggrediscono; o di astenersi dall’uso del cibo, dell’aria, di una medicina odi qualsiasi altra cosa senza d cui non può vivere, quest’uomo è libero di disobbedire».

Lo Stato non può, quindi, imporre a una persona di «astenersi dal cibo» e, per lo stesso motivo, non può imporgli di «non astenersi», se è sua libera scelta. E il Parlamento non può essere miglior padrone della vita dei cittadini, mentre lo Stato deve farsi carico della protezione della vita dalle aggressioni esterne.

Qualcuno dirà che il Parlamento italiano vuole legiferare proprio a difesa della vita e per impedire che una persona sia privata del cibo e dell’acqua. Ma così svela un altro dei sensi nascosti dalla domanda iniziale, dove attraverso costrutti indiretti e formule impersonali, si cela la vera questione della vita: «di chi» si sta parlando? Sono stati i giudici padroni della vita quando hanno autorizzato la sospensione di idratazione e nutrizione, mentre non lo sono stati quando hanno negato questa possibilità? Oppure sarebbe stato "non padrone" il giudice cha ha negato il diritto di Welby di ottenere il distacco del respiratore, mentre sarebbe stato "padrone" quello che lo ha riconosciuto? Per dire questo (e i giudici lo hanno ripetuto tutte le volte che hanno brandito il diritto alla vita contro le volontà e la personalità di Eluana Englaro o di Welby) bisogna assumere che, nel gran parlare di vita, l’unico che non ha diritto di parola è il diretto interessato.
Mentre è evidente che o si riconosce alla persona della cui vita si sta parlando il controllo delle decisioni sul proprio corpo oppure si fa di quella persona il più misero schiavo. Negare il diritto di rifiutare (anche in anticipo) di essere artificialmente nutriti, come il Parlamento italiano sembra intenzionato a fare a breve, equivale a dire che il Parlamento si è arrogato un diritto che i cittadini non hanno conferito nel loro entrare in società, e cioè il diritto a decidere sui propri corpi.


Amedeo Santosuosso

mercoledì 17 settembre 2008

''Chi vuole un figlio non si arrenda mai''

La Stampa - 8 settembre 2008

Il libro uscira' oggi, precedendo di qualche settimana quel figlio disperatamente cercato per undici anni, lunghissimi e drammatici. Ma in «Volevo diventare papa'», scritto da Andrea Rosselli, che a Domodossola divide il lavoro di cambiavalute all'attivita' di giornalista pubblicista, il lieto fine non c'e'. C'e', invece, un'appendice tecnica voluta dalla casa editrice «Mammeonline» di Foggia, per spiegare vocaboli e tecniche: inseminazione intrauterina, fecondazione in vitro con embryo transfer, iniezione dello spermatozoo nel citoplasma. E poi c'e' il testo della legge 40 che dal febbraio 2004 stabilisce cosa e' possibile fare (e non fare) nel nostro Paese per cercare di appendere un fiocco, azzurro o rosa che sia, sulla porta di casa. Per questo motivo «Volevo diventare papa'» non e' soltanto un intenso e coraggioso racconto autobiografico ma e' un vero e proprio pamphlet che vuole «fare rumore» e al tempo stesso dare coraggio a tutte le coppie che attraversano lo stesso percorso. «La vergognosa legge 40 - dice Rosselli - ha quasi portato la sterilita' a essere una sorta di non-problema per chiunque non ne sia coinvolto da vicino, una situazione da vivere a meta' tra l'indifferenza e il fatalismo, e credo che questo sia assolutamente inaccettabile per qualunque Paese civile. Di sicuro lo e' per me. Credo che questo problema sia molto serio e meriti tutt'altra considerazione. Socialmente e politicamente». Forte l'attacco alla Chiesa per le «continue ingerenze oscurantiste».

«Mettersi a nudo, raccontando i particolari piu' intimi della mia vita con Paola e rivelandone aspetti a volte talmente privati da essere difficilmente confessabili non e' stato facile - continua Andrea - ma le motivazioni sono state piu' forti del pudore. Se anche una sola persona, alla fine del libro, capira' quanto e' assurda la legge 40 e se anche una sola coppia riuscira' a trarre uno spunto per proseguire, e magari vincere, una lotta che e' stata sul punto di abbandonare, o un po' di conforto per sopportare il dolore dei fallimenti, allora ne sara' valsa la pena».

Andrea e Paola oggi hanno 40 e 42 anni. Ne avevevano 29 e 31 quando hanno deciso di allargare la famiglia. Il primo contatto con il «pianeta sterilita'» e' avvenuto in una clinica di Milano. «Ci hanno fornito il listino prezzi - ricorda l'autore - come fosse un listino delle pizze. Pero' c'erano cifre, in lire, a sette zeri». Cosi' e' iniziato il «turismo procreativo», destinazione Svizzera. Provette, viaggi, punture, ecografie, tante speranze e delusioni ancora piu' cocenti. La coppia ossolana si e' poi imbattuta in un articolo di giornale che raccontava di un nuovo metedo israeliano: «Siamo stati forse i primi in Italia a sottoporci a questa sperimentazione. Si trattava di fare tre biopsie in giorni ben precisi del ciclo per far attecchire meglio l'embrione. La spiegazione mi era arrivata direttamente dalla dottoressa Nava Dekel, contattata con una mail. Alla clinica svizzera erano scettici ma nessuno avrebbe potuto fermarci». Alla fine del 2006 il sogno di una gravidanza dura troppo poco. E allora si scivola ancora nel buio, nei supermercati si evitano i reparti con pannolini e biberon e quando si passeggia si evitano accuratamente le vetrine prenatal: «Se il dolore di una coppia senza passeggino e' invisibile - dice Andrea - e' soltanto perche' e' invisibile anche il passeggino. Volevamo mollare, eravamo stremati». Poi, da un forum internet, un messaggio: «Siete troppo determinati, non vi rassegnerete mai». E' andata proprio cosi'. Andrea e Paola hanno deciso di bussare ancora ad una porta, ad un medico di Varese: «Ha voluto ripartire da zero e ci ha ordinato le analisi che avevamo gia' fatto tante volte. Nel frattempo ha prescritto a mia moglie delle pillole per abbassare la prolattina, da subito, cosa che non avevamo mai fatto prima. Qualche settimana dopo e' arrivata la buona notizia, una gravidanza ''normale'' che corona undici anni di amore e di lotta».

martedì 16 settembre 2008

Benvenuto Riccardo


Vogliamo dare il più caloroso benvenuto a Riccardo che stasera alle ore 22 è venuto al mondo. Ci stringiamo in un abbraccio virtuale a mamma Rita, papà Roberto e al fratellino Nicolò

sabato 13 settembre 2008

Appello dei ginecologi su YouTube: «Donne attente all'orologio biologico»

Corriere della Sera - 11 settembre 2008

ROMA - «La fertilità è un patrimonio che va difeso: non perdete di vista l'orologio biologico». L'appello arriva dal presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO), professor Giorgio Vittori che, in un video su you tube spiega: «Spesso le donne sottovalutano l'importanza dell'età, ignorando alcuni dati fondamentali: la fertilità femminile è massima fino ai 20 anni, si dimezza intorno ai 35, scende al 10% dopo i 40 anni. Questo non significa che chi ha oltrepassato questa soglia debba disperare, ma è importante ricordarsi di considerare anche questo aspetto nella pianificazione della propria vita familiare e professionale». «Non sempre la fecondazione assistita può essere una soluzione per 'ripararè quando si è atteso troppo - continua Vittori - anche se in Italia nel 2006 hanno scelto questa via 52.206 coppie. Anche in questo caso l'età avanzata è infatti un fattore che riduce le possibilità di successo: se a 30 anni il 30% dei tentativi riesce, dopo i 45 è solo l'1%». I ginecologi della SIGO, a meno di un mese dal loro congresso nazionale puntano quindi sulla rete per informare soprattutto le giovanissime. «Scegliamo you tube per parlare a ragazze che spesso non si pongono nemmeno il problema della futura maternità - spiega Vittori - anzi, sono spesso preoccupate solo di evitare gravidanze indesiderate, senza rendersi conto di quanto sia delicato l'equilibrio che regola la biologia femminile».

MALATTIE SESSUALI - Il tempo che passa non è infatti il solo nemico della fertilità: «È altrettanto importante proteggersi dalle malattie sessualmente trasmissibili, che possono compromettere per sempre la capacità riproduttiva - aggiunge il presidente. - Non bisogna pensare solo all'AIDS, ma anche a patologie molto diffuse come Herpes genitale, candidosi o Chlamydia, aumentata tra le giovanissime di 6-10 volte in 10 anni».

FUMO ALCOL E DIETA - Altri imputati sono anche alcol, fumo e uno scorretto regime alimentare: l'eccessiva magrezza può causare irregolarità mestruali fino a sopprimere del tutto l'ovulazione, mentre l'obesità può interferire con il funzionamento del sistema ormonale.

PERCHE' YOUTUBE - I video su you tube sono solo uno dei modi che la SIGO ha individuato per ampliare il dibattito intorno ai grandi temi della ginecologia «Questioni - sottolinea Vittori - che per loro natura, superano i limiti della salute per invadere l'ambito sociale, la politica, il costume. Nel caso della fertilità, ad esempio, i motivi che spostano sempre più in avanti l'età del primo parto sono da ricercare nel nostro sistema economico, nel mutato ruolo femminile e nella nuova fisionomia del mondo del lavoro».



venerdì 12 settembre 2008

Elective single embryo transfer

La British Fertility Society (BFS) e l’Association of Clinical Embryologists (ACE) hanno introdotto delle nuove linee guida per i trattamenti di riproduzione artificiale (http://www.britishfertilitysociety.org.uk/news/pressrelease/08_09-SingleEmbyoGuidelines.html). Per arginare il rischio di gravidanza plurime si consiglia di trasferire un solo embrione – elective single embryo transfer (eSET) – soprattutto in donne giovani. Nell’articolo pubblicato sulla rivista “Human Fertility” (Elective Single Embryo Transfer: Guidelines for Practice British Fertility Society and Association of Clinical Embryologists, 2 september 2008) si dimostra come i trattamenti di riproduzione artificiale siano responsabili dell’aumento delle gravidanze plurime negli ultimi 25 anni.

Le gravidanze plurime sono rischiose e sono spesso associate alla mortalità neonatale o a complicanze dovute alla sofferenza fetale o alle nascite premature (scarso peso alla nascita; rischio di morte entro la prima settimana e di danni cerebrali quattro volte quello esistente nelle nascite singole). I rischi esistono anche per la madre, tanto durante la gravidanza che al parto. La politica europea è di ridurre il numero di embrioni da impiantare. Europea, esclusa l’Italia. Perché la legge 40/2004, in Italia, impone di trasferire contemporaneamente i 3 embrioni prodotti. Impedendo, inoltre, di crioconservarne (i 3 embrioni sono anche il numero massimo di embrioni che è lecito produrre, quindi non è possibile scegliere di impiantarne in numero inferiore; producendone soltanto uno o due per sottrarsi al rischio di gravidanze plurime riduce drasticamente la percentuale di successo).

Il documento ha lo scopo di fornire delle linee guida per l’Inghilterra – linee guida che lasciano lo spazio per una valutazione caso per caso e la piena libertà di scelta. Il dibattito è complesso e in corso, ma è possibile perché non esiste una legge, come quella italiana, che ha la pretesa di decidere per ogni donna e che non lascia alcuno spazio a possibilità diverse dall’impianto contemporaneo dei 3 embrioni e dal divieto di produrne in numero maggiore per poterli crioconservare e destinare ad un secondo tentativo (risparmiando alla donna una seconda stimolazione ormonale e un ulteriore prelievo chirurgico degli ovociti).Anche sulla riproduzione artificiale, e soprattutto sulla salute delle donne che devono ricorrere a questa tecnica, l’Italia dimostra arretratezza e disinteresse per la salute dei suoi cittadini.

Chiara Lalli - 12 settembre 2008
http://www.chiaralalli.com/2008/09/elective-single-embryo-transfer.html

giovedì 11 settembre 2008

Germania - Leggi superate per la fecondazione in vitro

Importanti specialisti in medicina riproduttiva e bioeticisti tedeschi segnalano che la procreazione medicalmente assistita segue delle prassi obsolete, causa di rischiose gravidanze plurigemellari. Nella loro perizia, che Friedrich-Ebert-Stiftung pubblichera' a giorni, avvertono che le norme regolatrici delle 38.000 pratiche annuali di fecondazione assistita non sono piu' scientificamente valide. In particolare, l'obbligo di produrre ogni volta tre embrioni, e di impiantarli tutt'e tre, fa si' che in un caso su cinque la gravidanza sia plurigemellare con possibili gravi conseguenze anche per la madre. La richiesta: come avviene in altri Stati, si autorizzi la produzione di molti piu' embrioni da cui selezionare quello che risultera' piu' idoneo alla fecondazione; gli embrioni sovrannumerari siano conservati o per altre gravidanze o, piu' tardi "lasciati morire", spiega il responsabile della clinica ginecologica di Lubecca, Klaus Diedrich.

Aduc - 8 settembre 2008

lunedì 8 settembre 2008

Francia. Remunerare le donazioni di ovociti?

Sono sempre piu' numerose le francesi che vanno in Spagna o in Belgio a comprare ovociti per rimanere incinte. In Francia, la legge impone la gratuita' e l'anonimato delle donazioni. Le leggi francesi di bioetica hanno sempre considerato il corpo umano non in vendita, e hanno posto come principio assoluto la gratuita' e l'anonimato delle donazioni, che si tratti di sperma, ovociti, sangue, midollo osseo, organi... Non tutti Paesi osservano queste stesse regole. La discordanza tra i nostri precetti e quelli di altri Paesi d'Europa solleva dubbi sui nostri principi morali. La situazione e' particolarmente tesa in materia di donazioni di ovociti poiche' un numero crescente di francesi si reca in Spagna, in Belgio o addirittura in Gran Bretagna per "comprare" le preziose cellule, difficili da ottenere in Francia. Numerosi esperti francesi pensano che la prossima revisione delle leggi sulla bioetica, prevista nel 2009, dovrebbe essere l'occasione per dibattere la questione. Di fronte all'attuale situazione inestricabile, molti di loro sono favorevoli alla remunerazione delle donatrici. Il dono di ovociti permette a una donna che non ha piu' l'ovulazione, o perche' in menopausa precoce o a causa di una malattia, di poter restare eventualmente incinta. Si tratta, schematicamente, di fecondare l'ovulo (donato) con lo sperma del marito o del compagno della paziente interessata, e di reimpiantarle l'embrione cosi' ottenuto. La difficolta' sta nel trovare donatrici di ovociti. In effetti, se la donazione di sperma e' semplice, quella degli ovociti e' piuttosto complicata. La donatrice volontaria deve subire un trattamento di stimolazione delle ovaie, essere sottoposta a prelievi di sangue e ad ecografie, infine subire il prelievo di ovociti sotto anestesia o sedazione per via transvaginale. In Francia la legge prevede la possibilita' del dono, purche' gratuito. Secondo l'Agenzia di biomedicina, alla fine del 2006 c'erano 1.100 coppie in attesa di ovociti mentre, nello stesso anno, ne avevano beneficiato solo 228 donne ed erano nati un centinaio di bambini. Il periodo d'attesa oscilla tra i sei mesi e i cinque anni. Tenuto conto che generalmente occorrono numerosi tentativi di fecondazione in vitro prima di restare incinta, si puo' immaginare l'impazienza delle coppie.
"Principi etici aggirati"
In Spagna, cosi' come in Belgio, la legge e' piu' flessibile. Nulla impedisce alle giovani donne di "vendere" i loro ovociti. Nella sola Catalogna, nel 2006 sono state realizzate 5.000 donazioni di ovociti, una buona parte delle quali e' andata a beneficio di donne francesi colpite da sterilita' d'origine ovarica. Le donatrici sarebbero studentesse retribuite, sia originarie della Spagna, sia provenienti da Paesi dell'Est. Su alcuni siti Internet si legge che una fecondazione in vitro con donazione di ovociti costa 5.000 euro, tutto compreso. "In Francia abbiamo dei grandi principi generosi e poi c'e' la realta'", spiega il professor Michel Tournaire (ospedale Saint-Vincent de Paul, Parigi). "Credo che dobbiamo avere un vero dibattito sul tema, accettando di guardare la realta' cosi' com'e'". Del resto, con un'eta' sempre piu' tardiva del desiderio di gravidanza, il bisogno di ovociti rischia d'aumentare ancora. "Le donne aspettano troppo a lungo prima di restare incinte e cio' accresce i rischi d'infertilita' d'origine ovarica", precisa il professor François Olivennes (Parigi). "L'esperienza dei Paesi stranieri mostra che solo la retribuzione permette di migliorare le donazioni. Se ci si fissa sui nostri principi di non remunerazione, s'instaura de facto una selezione per denaro tra coloro che hanno i mezzi per pagarsi le donazioni in Spagna o altrove, e le altre. Il problema e' che se si compensano le donazioni di ovociti, poi sara' difficile mantenere la gratuita' delle donazioni di sperma, di midollo osseo, del sangue... "Per il professor Marie-Guy Cous (ostetrico, Nantes), la questione ci ha sorpassato. "Penso che in Francia si debba rivedere la questione degli ovociti. Bisogna riflettere su cio' che si constata tutti i giorni. I nostri principi etici vengono aggirati passando per l'estero". La professoressa Sylvie Epelboin ritiene che la campagna fatta l'anno scorso dall'Agenzia di biomedicina in favore della donazione di ovociti vada nella giusta direzione, e che sarebbe ragionevole valutarne anzitutto le ricadute. Infine, pur ammettendo che quello degli ovociti e' un problema reale, il professor Israel Nisand (Strasburgo) pensa che la remunerazione non sia la soluzione. "Sarebbe meglio riflettere sul dono dedicato: una donna potrebbe beneficiare direttamente della donazione di ovociti di una persona vicina -sorella, cugina, amica- in un quadro molto rigoroso. Cio' metterebbe a rischio l'anonimato, ma rispetterebbe il principio di gratuita'". Resta da vedere se il legislatore sapra' essere capace, senza ipocrisie, di gestire il tiro alla fune tra la realta' e i nostri generosi principi etici.

Martine Perez

Aduc - 7 Settembre 2008

venerdì 5 settembre 2008

Un embrione per vincere l'infertilita' da chemioterapia

Spagna - 1 settembre 2008

Quando a una donna viene diagnosticato un cancro, deve affrontare non solo la brutta notizia, ma anche l'idea che il trattamento oncologico, ossia la chemioterapia, le potrebbe impedire d'avere figli. Ora, per la prima volta in Spagna, un'equipe dell'ospedale San Joan de Deu, di Esplugues (Barcellona), diretta da Justo Callejo, e' riuscita a ottenere un embrione umano proveniente da tessuto ovarico congelato, una tecnica ancora sperimentale, che ha applicato su una paziente di 32 anni senza figli. Nel mondo e' il settimo embrione ricavato in questo modo, e tre di loro hanno portato alla nascita di bambini vivi, due in Belgio e uno in Israele.

mercoledì 3 settembre 2008

Perché il Tar è di nuovo alle prese con la legge 40

Il Foglio – 3 settembre 2008

Roma. Il Tar del Lazio dedicherà oggi una doppia camera di consiglio alle nuove linee guida sulla legge 40 sulla fecondazione artificiale, che furono varate dall’ex ministro della Salute, Livia Turco, all’epoca in cui era in carica solo per gli affari correnti, in barba alle regole istituzionali che impongono al governo sfiduciato di limitarsi alla ordinaria amministrazione.
Il Tar deve esaminare un ricorso del Comitato per la tutela della salute della donna, che si oppone alle linee guida nella parte in cui aprono di fatto alla diagnosi preimpianto degli embrioni, a dispetto di quanto la legge 40 stabilisce senza equivoci. Il secondo ricorso da esaminare è stato invece presentato, a sorpresa, da alcuni dei centri di procreazione assistita che a suo tempo ne avevano sollecitato l’adozione e avevano applaudito il ministro Turco. Con questo nuovo ricorso, i centri provano a riparare agli errori che, su loro istanza, lo stesso Tar del Lazio aveva commesso all’inizio dell’anno, quando aveva sollevato dinanzi alla Consulta una questione di legittimità sull’articolo 14 della legge 40, in base a una motivazione così piena di incongruenze da meritare di essere rigettata per questioni di rito prima ancora che di merito. Lo scopo dell’operazione è quello di abrogare l’intero articolo 14 della legge, un chiaro ostacolo alla diagnosi (eugenetica) preimpianto.